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Descrizione
Il castello sorge su un affioramento roccioso (lungo non meno di 80 e largo da 10 a 20 m) che interrompe la monotonia della spiaggia ghiaiosa di Roccella protendendosi con l’ultima parte direttamente a strapiombo sul mare. Appena a est del castello si trova la foce del torrente omonimo che rappresentava nel passato una buona fonte di approvvigionamento idrico. Il territorio di Roccella è delimitato ad ovest dal corso del fiume Imera Settentrionale, una delle principali vie di penetrazione naturale verso l’interno della Sicilia, e ad est da quella del torrente Piletto. E’ costituito da una fertile, ancorché ben poco estesa, pianura costiera. Roccella costituisce lo sbocco naturale sul Tirreno del retrostante territorio madonita di Collesano e Gratteri.
Gli imponenti resti monumentali oggi esistenti non potrebbero da soli dare una idea complessiva dell’aspetto originario del castello. La ricostruzione è, però, resa possibile dagli acquarelli di Spannocchi e Camilliani della fine del ‘500, che mostrano il castello intatto e in funzione, e da una fotografia degli inizi del XX secolo (annullo postale del 1910) che documenta uno stadio di fatiscenza del complesso ancora molto inferiore a quello attuale. Il castello si componeva sostanzialmente di due parti: un grande torrione posto all’estremità meridionale dell’affioramento roccioso e del complesso castrale; un corpo di fabbrica a pianta apparentemente rettangolare, originariamente a più piani, che seguiva l’andamento della rupe e si protendeva ortogonalmente alla linea di costa, nell’ultima parte a strapiombo sul mare.
Il torrione si è conservato sostanzialmente intatto, mentre il corpo di fabbrica è andato quasi interamente distrutto, conservandosene esclusivamente le parti basamentali. Camilliani lo dipinse però (con veduta da ovest) come integro, con almeno tre piani (evidenziati da tre file di aperture a diversi livelli), coperto da un tetto presumibilmente a doppio spiovente con camino e serrato alle estremità sud e nord da due torri le cui terrazze merlate superavano di poco il colmo del tetto. Sempre secondo l’acquarello di Camilliani, il borgo che si stringeva a sud-ovest sotto il torrione era costituito da casette con copertura a tegole ed era racchiuso da mura direttamente collegate al castello. Tutto l’insediamento era rifornito d’acqua da un acquedotto ad arcate, ben raffigurato da Camilliani ed ancora oggi in parte conservatosi.
Del corpo di fabbrica (o piuttosto del palazzo) non restano oggi che gli ambienti basamentali coperti da volte a botte e la metà di un ambiente coperto da volta a calotta (sezionata dai crolli) che sorge sulla parte più settentrionale della rupe. La già ricordata immagine fotografica dei primi del ‘900 ne mostra, però, le mura per un’altezza almeno doppia rispetto a quella attuale. Il torrione ha pianta rettangolare (14,15 x 7,75 m per un’altezza di circa 20 m e spessori murari intorno ai 2,50 m) ed è costruito, come il resto del complesso, in muratura incerta di pietrame calcareo e ciottoli fluviali, l’uno e gli altri agevolmente ricavabili nelle vicinanze. Solo i cantonali sono realizzati in pietra da taglio. La divisione interna in tre piani (più una cisterna sotterranea) è rimarcata all’esterno da riseghe. Sul lato breve nord si apre, al primo piano, la porta d’accesso raggiungibile mediante una rampa di scale esterna, parzialmente conservatasi. Il secondo piano su questo fronte era illuminato da una sola finestra con arco ribassato. Il prospetto lungo est, che guarda verso la foce del torrente Roccella, presenta in corrispondenza del piano terreno solo due finestrelle più un’altra apertura risparmiata dalla costruzione della modesta scarpatura addossata alla parte basamentale.
Al primo piano si aprono due finestroni archiacuti ed una finestrella quadrata al secondo. Il lato breve sud, anch’esso rincamiciato alla base, presenta una finestrella al piano terreno, un finestrone archiacuto al primo piano ed un’altra finestra al secondo ed ultimo piano. Il prospetto ovest, oltre ad una porticina al piano terra, presenta un finestrone archiacuto al centro del lato in corrispondenza del primo piano ed una finestra fuori asse al secondo. Presso lo spigolo nord-ovest si apre, inoltre, una porticina con tre beccadelli sottostanti, probabilmente relativa ad una latrina. Il coronamento della terrazza a beccadelli si è parzialmente conservato, mentre, quasi interamente distrutto è andato il parapetto merlato, raffigurato da Camilliani. All’interno, il piano terra è costituito da un unico ambiente rettangolare coperto da una volta a botte a pieno sesto rinforzata da un arcone centrale ad ogiva. Sotto il piano terreno, e ad esso collegato da una botola circolare, si trova una cisterna a pianta circolare (diametro 4,20 m) coperta a calotta e con un’altezza oggi misurabile (ma il fondo è occupato da detriti) in m 3,90. Il primo piano, in origine raggiungibile dall’esterno mediante la rampa scalare, era collegato al piano terra da una scala lignea e da una scaletta ricavata negli spessori murari.
Il piano nobile è costituito da un unico salone, illuminato dalle aperture già descritte ed in origine separato dal secondo piano mediante un solaio ligneo sorretto da bellissime mensole lignee. Il solaio è andato distrutto o piuttosto asportato (pare durante l’ultima guerra) mentre rimangono in situ le mensole. Il secondo ed ultimo piano era raggiungibile mediante una scala interna con una prima rampa a sbalzo poggiante su mensole e su una trave lignea (angolo nord-est) e una seconda rampa ricavata negli spessori murari del lato nord. Il secondo piano del torrione, poggiante sulle mensole lignee già menzionate, era fornito di un camino sull’angolo nord-ovest e nicchie incassate nei muri sui lati est e sud. E’ coperto da due belle volte a crociera con costoloni poggianti su quattro mensole angolari ed altre quattro aggettanti ai lati dell’imposta di un arcone centrale ogivale di sostegno poggiante su semicolonne con capitelli.
Dal secondo piano si giunge alla terrazza mediante una scaletta a tre rampe alloggiata negli spessori murari. Il torrione di Roccella guarda a modelli antichi ed affermati come i donjons normanni di Paternò ed Adrano ma presenta caratteristiche trecentesche ben evidenziate da Spatrisano, in parte comuni ad altri masti di XIV secolo come quelli di Cefalà e Monte Bonifato. All’interno dell’architettura castrale del Trecento Siciliano, costituisce uno dei testi di più alto risultato formale.
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Prezzi ed orari
Tariffe
La visita al Castello di Roccella è gratuita. Potrete visitare il Castello liberamente utilizzando il materiale informativo predisposto o partecipare alle visite guidate curate dai volontari di SiciliAntica Campofelice di Roccella.
Orari di apertura
Il castello resterà aperto dall'1 luglio 2017 al 17 luglio 2017 con i seguenti orari:
Lunedì-Sabato
10.00-13.00 | 16.00-19.00
Domenica
16.00-20.00
Il Castello di Roccella resterà aperto tutti i giorni durante la settimana grazie ai giovani del servizio civile e durante il weekend grazie al lavoro dell'associazione Guardie Sikane in collaborazione con il Comune di Campofelice di Roccella.
Come raggiungere
Dall'autostrada A20 prendere l'uscita Buonfornello verso Campofelice di Roccella. Proseguire in SS113 per 5 km, svoltare sempre a destra alla prima serie di rotonde per giungere a destinazione.
Recensioni
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Storia
Una prima, supposta, attestazione della località potrebbe essere identificata nella menzione nel decreto di nascita della diocesi di Troina che, insieme alle altre, comprende una Roccamaris che potrebbe, senza certezza, corrispondere alla Roccella. E’ certo che nel 1136 è documentata una chiesa di San Giovanni di Roccella, senza tuttavia alcuna testimonianza relativa ad edifici castrensi di varia natura. La prima, certa notizia di un castello è fornita dal prezioso Idrisi che, nel 1150 ca., descrive Roccella (chiamandola col toponimo arabo sakhratal-hadid) come “picciol casale con un forte [hisn] in cima della rupe, la quale si avanza, scoscesa d’ogni banda, su la spiaggia del mare”.
Si arguisce da ciò che alla metà del XII secolo il luogo che in volgare viene già indicato come Roccella era già interessato da un piccolo villaggio (casale) ed un fortilizio (la parola araba adoperata da Idrisi è hisn) costruito sulla rupe che si protende in mare. Nel 1153 un tale Riccardo concede alla chiesa di Cefaù un pezzo di terra in agro scilicet Roccelle (Pirri 1733, II, p. 801). Nel territorio esistono alcuni mulini nel 1169, mentre nel 1194 si assiste all’ingresso in scena della dinastia Hohenstaufen: le truppe di Enrico VI espugnano una località detta Rochel che potrebbe corrispondere al castello (ma anche, meno probabilmente, a Roccella val Demone, comune attualmente in provincia di Messina). La notizia è ricavata da una composizione del trovadore provenzale Raimbaut de Vaqueiras. Roccella segue poi le sorti di molti castelli madoniti: nel 1205 il conte di Collesano Paolo Cicala cede Roccella alla chiesa di Cefalù nella persona del vescovo Giovanni, suo fratello; la cessione ha tuttavia breve durata dato che, nel 1218, il nuovo vescovo Ardunino cede Roccella al monastero di Montevergine. Nel 1221 Federico II, confermando la donazione di Roccella a Montevergine, riserva alla corona il diritto di tenere una guarnigione nel castello di Roccella quando ciò fosse opportuno. Roccella tornerà alla chiesa di Cefalù in un momento imprecisato dopo il 1264, plausibilmente dopo il Vespro, nel 1282.
Il castello vedrà, nel 1338, lo sbarco angioino presso le sue spiagge; nella metà del XIVsecolo entrerà nelle mire espansionistiche dei Ventimiglia: tra il 1352-1358 infatti il possesso di Roccella da parte della chiesa cefaludese è minacciato dai tentativi di usurpazione compiuti da quidam viri potentiores nobiloresque, molto probabilmente i Ventimiglia, conti di Collesano e signori di quasi tutta l’area madonita, per i quali il castello in riva al Tirreno non poteva che rappresentare un obiettivo necessario per il completo controllo della zona. Il castello subisce evoluzioni nel corso del tempo: nel 1371 è attestato a Roccella un “caricatore”, un punto di imbarco dei cereali dal quale Francesco Ventimiglia conte di Collesano e signore di Roccella è facoltato ad estrarre 2000 salme di grano ogni anno. La cessione formale del complesso castrense avverrà infine nel 1385: in cambio del feudo Albiri, Roccella viene ceduta dalla chiesa di Cefalù al conte di Collesano Francesco Ventimiglia che ne deteneva già da prima il controllo e che aveva fatto ricostruire il castello.
Alla morte di Francesco, nel 1392, il castello va al secondogenito Antonio, conte di Collesano. Nel medesimo anno è confermata la permuta Roccella-Albiri a suo tempo convenuta tra Francesco Ventimiglia ed il vescovo di Cefalù. Sarà Antonio Ventimiglia, dunque, a rafforzare la vocazione commerciale del castello: nel 1394 il conte di Collesano chiede di poter concentrare a Roccella i frumenti provenienti dai suoi feudi per esportarli più agevolmente (con minu impachu), ma nel 1398 il conte ed il castello sono travolti dagli screzi con la corona: re Martino e Maria perdonano Antonio Ventimiglia e gli restituiscono i beni fra cui Roccella. La parabola di Antonio Ventimiglia si concluderà in modo tragico: nel 1408 viene arrestato per un presunto progetto di ribellione alla corona e deportato a Malta, ove morirà. Dopo un anno, nel 1409, il castello è presidiato da una guarnigione regia di dodici servientes agli ordini del castellano, dominus Petrus de Claromonte. L’armamento della Roccella comprende due bombarde di ferro, tre balestre, dodici pavesi e due casse di verrettoni da balestra. L’influenza dei Ventimiglia sul castello continuerà con Francesco Ventimiglia (detto Ciccu), nato dal primo matrimonio di Antonio Ventimiglia con Margherita Peralta, già diseredato dal padre; egli si ribella e, nel 1412, occupa le terre di Petralia e Collesano. Viene catturato dagli armati di Elvira Moncada, seconda moglie di Antonio Ventimiglia, e gettato nelle prigioni sotterranee del castello di Roccella dove veniva fatto morire della fame. Il giovane Ventimiglia riuscì però, con la complicità di parte della guarnigione, a liberarsi e a imprigionare a sua volta la matrigna Elvira Moncada che venne trattenuta nelle sue camere assieme alla figlia. Dopo infruttuosi tentativi di ottenere legalmente l’eredità paterna, Francesco Ventimiglia si ribella nuovamente e si fortifica sulle Madonie nel 1418; suo fratello Giovanni, anch’egli ribelle, tiene Roccella. Il castello verrà assediato dalle truppe regie che, dopo avere sparato alcuni colpi con una enorme bombarda, ne ottennero la resa. Nel 1434 Roccella è in possesso di Pietro d’Aragona, fratello di re Alfonso V. Dopo la morte di Pietro d’Aragona, Roccella viene concessa, nel 1440, al conte di Geraci Giovanni Ventimiglia. Nel 1485, tornata al demanio, viene poi concessa al vicerè Gaspare de Spes. Nel 1501-1507 Roccella è nuovamente demaniale, e comprata dunque da Antonio Alliata. Questa famiglia terrà il possesso della fortezza fino al 1666. Sia nel 1558 che nel 1578, 1583-84 il castello ed il borgo vengono ricordati e raffigurati integri (Fazello, Spannocchi, Camilliani). Nel 1699 si ha la licentia populandi grazie alla quale si svilupperà, su un sito collinare a poca distanza dalla costa e dal castello, l’odierno comune di Campofelice di Roccella. Nel 1750 ca. il castello è ancora presidiato e munito di artiglieria.
Bibliografia
P. Corrao, Per una storia del potere feudale nell’area madonita in età aragonese, in Potere religioso e potere temporale a Cefalù del Medioevo. Atti del Convegno Internazionale di Studio (Cefalù, 7-8 apr. 1984) Cefalù 1985.
P. Corrao, Un castello, un assedio, un territorio: la Roccella 1418, estr. da Incontri e Iniziative: Memorie del Centro di Cultura di Cefalù, III-1986, Cefalù 1988.
F. Maurici, Castelli medievali in Sicilia. Dai bizantini ai Normanni, Palermo 1992.
G.B. Noto, La Roccella e il suo territorio nei secoli XII e XIII, in “Archivio Storico Siciliano”, s. IV, VI, 1980, pp. 81-112.
I. Peri, Città e campagna in Sicilia, I, Dominazione normanna, “Atti dell’Accademia di Scienze Lettere ed Arti di Palermo”, s. IV, XIII, parte II, 2 voll., Palermo 1953-56.
G. Santini, Il castello di Roccella, Palermo 1984.
G. Spatrisano, Lo Steri di Palermo e l’architettura siciliana del Trecento, Palermo 1972.
Castelli medievali di Sicilia, guida agli itinerari castellani dell’isola; Regione Siciliana Centro Regionale per l’Inventario la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali e Ambientali.
Indirizzo: Spiaggia di Roccella
Facilities
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