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Descrizione
Le origini si fanno risalire alla metà del VII secolo (epoca longobarda). Il complesso edilizio è delimitato da quattro torrioni circolari con cortine cinte da rivellini e con corte centrale, nella quale vi è una vera da pozzo finemente lavorata.
Il Castello di Gesualdo, trasformato in residenza del principe Carlo Gesualdo verso la fine del 500, è ubicato al centro della parte antica del paese, che si origina intorno alla rocca edificata nel processo di incastellamento del territorio operato dai Longobardi.
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Visitabile tutti i giorni
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
IN AUTO
Autostrada A16 Casello Grottaminarda
(10 km da Gesualdo)
SS. Ofantina, Salerno- Avellino, Superstrada e Statali 91, 399, 401, 425, Statale 303 – Direzione Lacedonia ( 7km)
IN AUTOBUS
Collegamenti giorni feriali
Da e per Avellino-Napoli-Benevento-Roma via Grottaminarda con i mezzi di AIR Autotrasporti Irpini
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Storia
Gesualdo, paese dell'alta irpinia è situato a ridosso di una collina tra la valle d'Ansanto ed il fiume Fredane. Paese ricco di storia. Paesaggio pittoresco. Per chi lo guarda specialmente nel periodo primaverile, dalla parte Sud ha l'impressione ha l'impressione di trovarsi di fronte ad un grande quadro dipinto dal lussureggiante verde delle secolari querce, dagli ulivi e dagli alberi da frutto trapunto dal giallo delle ginestre, che qua e là sbocciano, esaltando nell'aria mattutina un dolce e piacevole profumo. A centro di esso si erge nell'azzurro del cielo lo storico castello, che domina la scena del paesaggio, quasi come un grande libro con le sue pagine spiegate, sulle quali il visitatore, lo storico, lo studioso o l'artista ferma il suo sguardo per leggervi la sua storia ad ascoltarvi le note della musica, composta in questo luogo dal grande madrigalista Carlo Gesualdo.
Nella suggestiva tesi di Padre Cipriano De Meo, formulata nel libro "La città di Gesualdo", edito dalla Proloco Civitatis Iesualdinae, il feudo di Gesualdo rappresenta un dono alla discendenza del Cavaliere Longobardo Ghizwald (Gesualdo), fedele servitore del Principe Romoaldo, figlio del Duca di Benevento Grimoaldo. La storia, ammantata di leggenda, vuole che nell' anno 663, nel tentativo di salvare la città di Benevento assediata dall'armata di Costante II, (l'imperatore bizantino conosciuto anche col soprannome di "Pogonato", - il barbuto), il Prode Cavaliere Ghiz Wald (Gesualdo) venne ucciso e decapitato, e la sua testa fu gettata all'interno delle mura del Ducato. Si racconta che durante l'assedio da parte dei Greci il giovane Romoaldo, trovandosi in serie difficoltà chiese al suo servitore di raggiungere suo padre a Pavia, dove era impegnato in "azioni guerresche", per chiedergli di inviare rinforzi. Il soldato riuscì a raggiungere il Duca e tornò verso Benevento per comunicare al suo Principe l'imminente arrivo degli aiuti. Ma prima di raggiungere la sua meta fu catturato dagli uomini di Costante II e in cambio della libertà accettò di mentire al suo Principe; quando però fu al cospetto del suo Signore il Cavalier Gesualdo gli annunciò apertamente che il Duca padre aveva già ordinato ai suoi soldati di raggiungere Benevento. Costante II, costretto a togliere l'assedio alla città, non risparmiò il Cavalier Gesualdo e lo fece catturare e decapitare.
Gesualdo diede più volte prova del suo attaccamento ai Duchi, e questo gli procurò vari incarichi di fiducia, fra cui quello della costruzione di un grande fortilizio a difesa degli ampi possedimenti dei Signori. Venne scelto un punto in una posizione molto strategica, sulla sponda settentrionale del fiume Fredane, nella cui valle si snodava una delle principali vie che conducevano a Benevento, su di un colle a 650 metri di altezza, da dove si poteva controllare una vasta porzione di territorio del Gastaldato di Quintodecimo; nel 650 d.C., lì fu costruito un maniero, e col tempo iniziarono a sorgere nei suoi pressi molte case, dando così luogo ad un vero e proprio paese. Il Duca Grimoaldo pensò di dare in feudo quella porzione di ducato al suo fedele Cavaliere e ai suoi discendenti, e da questi il paese prese il nome attuale.
La prima citazione della “rocca di Gesualdo” è del 1137 e la fa il monaco Pietro Diacono nella “Chronica sacri monasterii casinensis”, libro 4°. Pertanto è solo nell’epoca normanna che Gesualdo cominciò ad avere uno sviluppo dell’aggregato urbano intorno alla suddetta rocca che fu trasformata in castrum e poi col passare dei secoli da struttura difensiva ad abitativa, fino a diventare quel maestoso e possente castello che possiamo ammirare e che caratterizza il nostro panorama.
La dinastia normanna che signoreggiò Gesualdo ha avuto origini da Guglielmo, figlio di Ruggero I Borsa, figlio di Roberto il Guiscardo, nominato da Dante nel Paradiso (canto XVIII, verso 48), figlio a sua volta di Tancredi d’Altavilla, eroe leggendario della 1a Crociata (1096-1099), immortalato da Torquato Tasso nella Gerusalemme Liberata. Tale Ruggero I Borsa, detto “Il Normanno”, è proprio il “… ROGERII NORTHMI APULIÆ ET CALABRIÆ DUCIS…“ della iscrizione riportata, a caratteri cubitali, nel cortile del castello di Gesualdo, cioè il 2° duca di Puglia e Calabria, che fu sepolto nella cattedrale di Salerno fatta edificare dal padre, in onore di San Matteo.Ruggero Il Normanno ebbe tre figli. Da Ala nacque Guglielmo d’Altavilla, 3° duca di Puglia e Calabria; da Abelarda, ebbe Tancredi che partecipò alle Crociate e si distinse in molte battaglie in Terra Santa; da Maria ebbe Guglielmo che fu il primo signore di Gesualdo di cui abbiamo notizie con documento del 1141. Egli sposò Abelarda, signora di Lucera (FG), figlia del conte di Lecce. Dal matrimonio nacquero due figli: Elia ed Aristolfo. Quest’ultimo guidò contro i Turchi un esercito in Terra Santa ai tempi di Guglielmo il Buono (1154-1189) re di Sicilia; al comando di 200 velieri attaccò il “terribile” Saladino costringendolo a togliere l’assedio a Tripoli. Alla morte di Guglielmo, avvenuta intorno al 1150 successe il figlio Elia I di Gesualdo. Questi fu il 2° signore di Gesualdo. Nel 1152, insieme alla madre Abelarda, cedette all’abate di Cava dei Tirreni molti beni pugliesi. Fu grande guerriero. Insieme al re di Napoli, suo diretto superiore, partecipò alle crociate, portando molti suoi uomini al seguito. Ampliò il feudo che comprendeva: Gesualdo, Frigento, Acquaputida, oggi Mirabella Eclano, Paterno oggi Paternopoli, S. Mango, Bonito, Lucera, S. Lupolo (presso Lucera), ed inoltre gli avevano prestato giuramento di fedeltà vassallatica i feudatari di Grottaminarda, Villamaina, Castelvetere, Taurasi, Rocca S. Felice, Lapio, Candida, Monteaperto, Montemiletto, Montemarano, Girifalco, Castelfranci, Chiusano, Poppano, Serpico, Serra, Baiano (contrada fra Castelfranci, Nusco e Ponteromito), Torella dei Lombardi e Fontanarosa.
Il piccolo stato di Gesualdo nel periodo di maggiore importanza dominò su 36 luoghi tra città e terre situati in tre province, la maggior parte in Principato Ultra, altre in Principato Citra e Basilicata.
Dopo Ruggero Gesualdo, successero Elia II, Niccolò I, …(v. il libro “CARLO GESUALDO l’albero genealogico e la sua città”), fino a Luigi III, conte di Conza, poi Fabrizio I, Luigi IV, che al titolo di conte di Conza aggiunse, nel 1561, il titolo di principe di Venosa. A Luigi IV Gesualdo successe Fabrizio II ed infine Carlo Gesualdo (1566-1613), ultimo e più famoso del casato.
Il principe madrigalista era nipote di San Carlo Borromeo; sua madre era Geronima Borromeo. Per via paterna il principe ebbe un altro zio cardinale, Alfonso Gesualdo, arcivescovo di Napoli alla fine del XVI secolo e decano del Sacro Collegio. La famiglia Gesualdo è stata una delle più illustri e nella seconda metà del ‘500 raggiunse l’apice della notorietà e della potenza. Torquato Tasso ne esaltava il casato con la descrizione dello stemma: “la famiglia Gesualdo portava il leone nero con cinque gigli rossi per dimostrare la nobiltà degli antichissimi principi Normanni e del re Guglielmo”.
Nel febbraio del 1586 Carlo sposò Maria d’Avalos, appartenente ad una famiglia famosa nelle armi quanto i Gesualdo sugli altari da cui ebbe un figlio, Emanuele. Il matrimonio finì tragicamente con l’omicidio della moglie e dell’amante Fabrizio Carafa, duca d’Andria. In seconde nozze sposò, a Ferrara, nel 1594, Eleonora d’Este da cui ebbe un figlio, Alfonsino, che morì in tenera età. Emanuele sposò Polissena Fürstemberg. Ebbe tre figli, Carlo morto a pochi mesi, Isabella e Leonora.
Nel lungo periodo (1596-1613) che visse a Gesualdo, Carlo, che già aveva fatto ristrutturare il castello, fece costruire fontane, acquedotti, chiese e conventi. Compose madrigali e musica sacra, oggi apprezzati in mezzo mondo, perché fu artista ardito ed innovatore. Il suo genio musicale, i suoi estremi rivolgimenti cromatici, le sue stupefacenti invenzioni consentono alla sua musica eccelsa di dire quello che non possono dire le parole, tanto da meritare il titolo di Principe dei musici. Fece dipingere dal pittore fiorentino Giovanni Balducci la grande (m 4,81 x m 3,10) tela devozionale intitolata “Il Perdono” dove è rappresentato il principe in atto di preghiera che chiede perdono a Cristo, accompagnato dallo zio santo.
Pentito per il duplice omicidio, attanagliato dal rimorso, afflitto da emicranie e atonia intestinale, sopraffatto dalla notizia della morte del figlio Emanuele, diciannove giorni dopo, morì nel castello di Gesualdo. Era l’otto settembre 1613. Finì così la dinastia normanna che signoreggiò Gesualdo.
La figlia di Emanuele, Isabella, sposò Nicolò Ludovisi il quale continuò ed arricchì l’opera edificante di Carlo Gesualdo, come testimoniano le lapidi di pietra presso i conventi dei Domenicani e dei Cappuccini, gli antichi stemmi che si trovano sopra la porta secondaria della chiesa di San Nicola e sopra l’ingresso del convento dei Cappuccini e il dipinto sulla volta a crociera dell’ingresso del castello.
A Nicolò successe, nel 1658, il figlio Giovanni Battista che, nel luglio del 1682, vendette il feudo per 12.000 ducati a Isabella della Marra, moglie di Girolamo Gesualdo, marchese di Santo Stefano. Nel 1688 subentrò Domenico Gesualdo che, per concessione di Filippo V, tramutò il titolo di signore in principe. Così furono principi di Gesualdo gli eredi Nicola (1705), Fabrizio (1738) e Dorizio di Sango (1770). Quest’ultimo vendette, nel 1772, il feudo per 40.000 ducati a Giuseppe Caracciolo di Torella dei Lombardi che lo tenne fino all’abolizione dei diritti feudali. Durante la Repubblica partenopea nel 1799 il castello fu saccheggiato, depauperando e distruggendo così gran parte degli arredi, della cultura e della storia di questo magnifico e maestoso maniero. Nel 1856, esso passò alla famiglia Caccese che lo abitò fino al terremoto del 1980, apportando numerose ristrutturazioni e divisioni per adeguarlo alle esigenze degli eredi succeduti.
Il castello, originariamente era composto da 366 stanze. Il terremoto dell'8 settembre del 1658 rese pericolante il terzo piano che successivamente per motivi di sicurezza fu demolito. Nel corso dei secoli ha subito diversi rimaneggiamenti architettonici interni ed esterni. Allo stato attuale vi sono molti locali sotterranei ancora sconosciuti, alcune gallerie a suo tempo scavate per motivi di difesa e di eventuale fuga in occasione di assalto alla fortezza, sono rimaste inesplorate.
Dal castello, che si erge imperioso sulla collinetta, scende verso la valle l'antico abitato di Gesualdo, che si snoda a forma di pigna dall'alto verso il basso, fino allo storico evento sismico dell' 80° era densamente abitato, oggi è semideserto. Il castello a Sud-Est è circondato da una serie di palazzi signorili, in via di risanamento conservativo, dotati tutti di giardini pensili come il castello (palazzo Pisapia, palazzo Bosco, casa Forgione, palazzo Villani). A Sud-Est invece, è circondata da piccole case, addossate tutte l'una all'altra, composte da pochi vani, con finestre e porte anguste, con tetti spioventi l'uno sull'altro e grondaie poco sporgenti. Dal tessuto architettonico urbanistico attualmente esistente si può dedurre la stratificazione sociale della popolazione che per secoli ha circondato la vita del castello. Da una parte la forza lavoro, dall'altra la società opulenta. Il centro storico, comunque, è tutto arroccato a Sud del castello, molto scosceso, e attraversato da stradine pedonali e mulattieri molto pianeggianti, pavimentate in selciato di pietre locali, forse ricavate dagli stessi lavori di sbancamento a sua tempo eseguiti per costruire case e strade. Se si osserva in tutti i suoi particolari la creazione di strade pianeggianti in luoghi scoscesi, i collegamenti fra le stesse, la predisposizione della abitazioni, i terrazzamenti tutti rivolti verso Sud-Est, la visione panoramica che ogni casa ha senza nulla togliere all'altra che la precede o che la segue, il centro storico di Gesualdo rappresenta un modello scientifico di alta architettura. Non a caso, nell'immediato dopo terremoto, la facoltà di architettura di Napoli utilizzò tale centro per un approfondito studio architettonico delle strutture urbanistiche.
Nel 1856, esso passò alla famiglia Caccese che lo abitò fino al terremoto del 1980, apportando numerose ristrutturazioni e divisioni per adeguarlo alle esigenze degli eredi succeduti. Oggi il castello è di proprietà demaniale. Nel 2009 è incominciato il restauro finanziato con i fondi europei prevede il rifacimento e recupero della struttura la cui futura destinazione d'uso sarà di Centro europeo dei studi sulla musica polifonica.
Araldica
Famiglia Gesualdo
Famiglia Gesualdo-D\'Este
Bibliografia
Memorie gesualdine, Giacomo Catone 1840
La Città di Gesualdo, Padre Cipriamo de Meo 1995
Indirizzo: Piazza Neviera