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Descrizione
Il castello di Calatrasi sorge sulla cima orientale del monte Maranfusa a 487 metri s.l.m. Sui lad sud, est ed ovest e circondato da ripide pareti roc-ciose, mentre su quello di nord-ovest una piccola sella lo mette in stretta relazione con l'opposta cima della montagna. A sud-ovest domina il corso del fiume Belice e il suo attraversamento piu prossimo costituito dal ponte di Calatrasi. Tutt'intorno, sulle montagne che circondano le basse colline coltivate soprattutto a cereali, sono visibili le cime su cui sorgono i castelli di Entella, montagna Vecchia, monte Pagnocco, monte Iato, monte Pietroso. Le caratteristiche generali del sito, luogo forte naturale, ne spiegano la ripetuta occupazione fino alia meta del XVI secolo.
Non è ancora del tutto nota la planimetria originaria del più vasto complesso. II nucleo centrale riconoscibile presenta una pianta di forma pressoche triangolare in cui 1'ipotenusa ha andamento curvilineo; occupa una superficie totale di poco inferiore ai 1000 mq ed il suo perimetro si distribuisce su una lunghezza di 120 m. Piu in basso, sul lato occidentale sono presenti un muro ed i resti di una torre facenti parte del piu ampio sistema difensivo; sul lato nord, ai piedi del promontorio, e stata individuata un'area fortificata di ca. 600 mq.
Nel momento di massima espansione il castello possedeva tre rorri disposte ai vertici del triangolo caratterizzante l'impianto planimetrico, connesse tra di loro da uno spesso muro al quale furono addossati alcuni ambienti. La torre di nord-ovest controllava dall' interno l'accesso al monte. Essa, con buona probabilità, costituisce il primo nucleo sorto in questo luogo; la sua pianta è pressoche quadrata (9 x 10m) con gli angoli interni arrotondati. Lo scavo, mettendone a nudo una risega all'interno del vano sulla quale doveva poggiare un solaio, ha rivelato che doveva essere molto piu alta.
Della torre meridionale e di quella nord-orientale sono al momento leggibili le piante, ambedue di forma irregolarmente rettangolare, piu grande ed allungata la prima (10 x 12 m), di dimensioni piu contenute la seconda (circa 6 x 8 metri).
Una fila di ambienti, di cui si conservano solo alcuni filari delle murature a contatto con la roccia, si disponeva a ridosso della cortina muraria delimitante il pianoro, lasciando al centro una irregolare corte a cielo aperto della quale si individuano ancora alcuni brani dell'acciottolato pavimentale.
I tre ambienti messi in luce sul lato occidentale furono probabilmente aggiunti nel XIII secolo; lo rivelerebbe la soluzione adottata per la finestra praticata, senza sguincio, nel muro perimetrale.
Gli ambienti sul fronte orientale non sono stati saggiati, sono tuttavia leggibili i muri d'ambito e di conseguenza lo spessore del corpo di fabbrica (8,80 m ca). Sono presenti, anche se non molto ben conservate, strutture utili a garantire la vita all'interno del castello come cisterne per la riserva idrica (all'interno delle torri sud e nord-est) e vani atti alla conservazione di derrate (ambienti addossati al lato orientale della torre nord, appartenenti ad una fase successiva), in parte scavati nella roccia ed in parte costruiti; elementi caratterizzanti questi ambienti sono gli angoli interni arrotondati e per due di essi le coperture a volta dalla singolare forma parabolica.
I muri esterni delimitanti l'area del pianoro sommitale sono stati costruiti direttamente sulla roccia naturale; pur essendo lievemente scarpati essi hanno subito pesanti dissesti, a testimoniarlo sono gli ispessimenti delle murature e gli speroni di rinforzo localizzabili soprattutto nel tratto orientale: veri e propri interventi di restauro operati quando il complesso era ancora in uso. All'esterno del nucleo centrale (sul lato occidentale, maggiormente espo-sto alle aggressioni) una seconda cortina muraria spostava in avanti le difese del castello, mentre più in basso, a nord, un'area fortificata, controllata da una piccola postazione non chiara-mente leggibile perche ancora interrata, doveva proteggere il percorso verso la cima.
Lungo il sentiero che conduce a valle non emergono altre strutture a carattere fortificato, al momento di certo ri-mane lo sbarramento della gola d'ac-cesso al monte, fino a non molti anni fa ancora leggibile sul tracciato del percorso attuale. La cortina muraria ester-na lungo tutto il circuito, alla base, in particolare sul fronte orientale, e la torre di nord-ovest (spigolo e parete occidentale), sono state recentemente oggetto di interventi di consolidamento (1997-1998).
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Storia
La presenza umana sul monte Maranfusa è testimoniata almeno dalla fine del IX inizi VIII secolo a C. Varie campagne di saggi archeologici condotti a partire dal 1986 sull'altipiano sud-occidentale del monte hanno estesamente documentato la presenza stanziale di popolazioni indigene ellenizzate (inizi VI inizi V sec. a.C.). I resti di strutture elevate sulla cima orientale del monte sono invece riferibili genericamente ad età medievale anche se appartenenti a differenti fasi costruttive. Una prima forma d'insediamento fortificato, dettata dalla sola necessità militare di esercitare un controllo del territorio circostante destinata quindi ad ospitare una sola guarnigione, si è esplicitata nella presenza di una sola o forse due torri (quelle di nord-ovest e di sud-est). L'esigenza di delimitare uno spazio più ampio da fruire in sicurezza spinse, in un secondo momento, alla realizzazione della spessa cortina muraria. Una ulteriore fase edilizia e costituita dalla realizzazione di ambienti addossati alle mura di delimitazione, sui fianchi ovest ed est. Documentata dalle stesse strutture sovrapposte a quelle più antiche è, inoltre, la fase costruttiva che caratterizza alcuni interventi di restauro delle mura sul fianco orientale.
Alla metà del '500 Fazello descrive il castello come gia in rovina.
Il sito potrebbe individuarsi con quello citato erroneamente con il nome di Calataczarut, nel diploma del conte Ruggero I al vescovo della neofondata diocesi di Mazara e nella relativa conferma di papa Pasquale II del 1100. E’ evidente che il forte si distingue per la sua validità, se Idrisi nel 1150 dice “Calatrasi è castello appariscente e fortalizio primitivo e valido da farvi affidamento…ha terreni da seminare”. Il castello è poi dato in castellania dal demanio; nel 1162 difatti Giovanni Malcovenant (male convencionis) non avendo potuto prestare il servizio di undici milites, dovuto per la concessione del feudo e del castello di Calatrasi ne rimette al re Guglielmo I il possesso. Dal 1174-75 il feudo passa in mano ecclesiastica: Guglielmo II fonda a Monreale la chiesa di Santa Maria la Nuova ed il monastero benedettino, concedendogli beni, privilegi ed immunità; Calatrasi figura fra i beni concessi in libero demanio, con tutti i tenimenti e le pertinenze. Nello stesso anno il vescovo di Mazara rinunzia a qualunque diritto sul municipium Calatrasi cedendone il possesso al monastero di Santa Maria la Nuova di Monreale. Dovendo la chiesa ridefinire i confini dei propri possedimenti, confermerà tali donazioni con bolla papale nel 1183 con Lucio III.
Nel 1177-1183 Guglielmo II si occupa attivamente dell’assetto giuridico-economico del nuovo feudo. Viene redatta una nuova “platea” contenente i nomi di tutti i villani appartenenti alle terre assegnate al monastero di Monreale; traendo i nomi dai dafatir al-diwan al-ma’mur o dalle antiche “platee” i componenti della “famiglia” di Calatrasi sono 373 a cui si aggiungono “52 degli ammogliati di essi e dei loro fratelli”. Nel 1182 vi è la conferma che la “giarida” o “platea”, un vasto polittico riportante la descrizione dettagliata dei confini di terre e casali concessi dal re alla chiesa di Monreale, riporta anche la divisa di Calatrasi. Ancora l’interesse di Guglielmo II per il feudo è attivo quando, nel 1183, emana ordine affinché nel solo territorio appartenente alla chiesa di Monreale, sulle terre occupate, rimangano coloni e borghesi anche se appartenenti ad altre terre; a seguito di ciò viene rilasciata una nuova platea: nel territorio di Calatrasi e nei suoi casali sono presenti 20 coloni.
Il castello è teatro, nel 1203, di un evento degno di nota: il castellum è occupato da alcuni monaci del monastero di Monreale ribellatisi all’arcivescovo-abate Caro. La gravità dell’episodio è sottolineata dall’intervento di Innocenzo III affinché il castello sia restituito.
Nella prima metà del XIV secolo il castello di Calatrasi è nominato ancora fra le rocche della Sicilia; nel 1348, mentre il territorio di Calatrasi è dato dall’arcivescovo di Monreale in affitto al nobilis Goffridonio de Alemanna, il casale sembra ancora esistente. Il tardoXIV secolo segna l’inizio della decadenza del castello: nel 1351 il fortelicium Calatrasi è divenuto covo di latrones.
Nel 1374-77 Manfredi III Chiaramonte aggiunge ai suoi numerosi possedimenti anche quello di Calatrasi, fin quando il feudo è restituito, nel 1392, da re Martino I alla chiesa di Monreale. Nel 1396 un Francesco Morana da monte San Giuliano fu nominato castellano di Calataras. Sei anni più tardi, nel 1398, Martino il Giovane, dando nuove disposizioni sull’utilizzazione dei redditi della chiesa di Monreale, destina alcune somme al pagamento delle provisioni dei castelli di Monreale, Patellaro e Calatrasi.
Nel 1432 il castello è ancora tanto vitale da ospitare Alfonso il Magnanimo, impegnato in una grande battuta di caccia in Sicilia occidentale. Non più nel 1458, quando il castello possiede ancora un castellano, tal Gracianu Marju: contro di lui viene emesso ordine a procedere perché dedito, insieme ad altri, a derubare e uccidere.
Nel 1558 il castello di Calatrasi è già in rovina.
Bibliografia
Castelli medievali di Sicilia, guida agli itinerari castellani dell’isola; Regione Siciliana Centro Regionale per l’Inventario la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali e Ambientali.
Indirizzo: Monte Maranfusa
Facilities
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