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Descrizione
Si deve ad H. Bresc l’identificazione del sito della terra e del castello trecenteschi sul costone roccioso della vetta di monte Sant’Angelo (m 1081 s.l.m.). Il massiccio di monte Sant’Angelo-Gibilmanna si erge a ca. 7 km in linea d’aria a sud della costa tirrenica e di Cefalù. Dalla vetta si controllano visivamente vasti tratti di litorale e di mare nonché, verso sud e sud-est, un’ampia regione dell’entroterra: la vista spazia infatti da capo Zafferano e dal golfo di Termini verso ovest, ad un lunghissimo tratto della costiera tirrenica verso nord-est; ad est si distingue agevolmente n assenza di foschia, la vetta dell’Etna; a sud-ovest l’abitato di Isnello ed il pizzo Dipilo; a sud il massiccio del monte Carbonara. Il sito, elevato, impervio, scomodo ai limiti dell’inabitabilità, non costituisce un’eccezione nella geografia dell’insediamento nella Sicilia medievale e soprattutto trecentesca: si pensi a località come Motta Sant’Agata e Motta Santo Stefano.
Il sito è stato identificato (nel 1983) e descritto da Henri Bresc (Bresc 1985, pp. 66-67). Il nuovo sopralluogo effettuato (9 novembre 2000, in collaborazione con F. Militello) ha però evidenziato una notevole diversità nello stato dei resti archeologici rispetto alle osservazioni dello studioso francese. La descrizione dell’illustre storico verrà quindi riportata fra virgolette con l’aggiunta, fra parentesi quadre, di note relative allo stato attuale del sito e delle rovine esistenti. Il sito di Monte Sant’Angelo è costituito da: “4 ripiani, che sono più stretti e meno accessibili verso sud. Il primo, a m 1005 di altezza, corrisponde all’Osservatorio Geofisico e non si è potuto visitare nel giorno della nostra prospezione, il 24 luglio 1983. Separato da questo piano da una “portella” nettamente caratterizzata (oggi lo spazio del parcheggio), e profonda 40 m, un secondo ripiano, a 1010 m circa, meno vasto (100 x 50 m) presenta un accesso, da nord, sbarrato da un muro di pietre squadrate e regolari (35 x 45 cm); un altro muro di pietre simili, ma di modulo un po’ più grosso, corre lungo lo strapiombo est. La presenza di numerose tegole antiche e il tipo di muro fa pensare che ci troviamo davanti ad un insediamento ellenistico. Questo secondo ripiano conduce, tramite un breve pendio, a un terzo, più stretto (40 x 60 m) senza tracce evidenti, e alla lunga cresta rocciosa che sostiene il castello e protegge il paese medievale. L’accesso al costolone roccioso, camminando sempre verso sud è sbarrato da un muro enorme, largo 1,20 m con pietre delle stesse dimensioni, che sostiene un piccolo ripiano largo 6 m, in questo passaggio”. [Il muro sussiste ancora, limitatamente alla sola parte basamentale affiorante: l’aggettivo “enorme” va riferito soprattutto alle dimensioni del materiale utilizzato].
“Questo muro si segue, anche se difficilmente, lungo il costone roccioso, ad ovest, e delimita, fino alla cresta, uno spazio angusto (10 m nei punti in cui si è potuto verificarne la larghezza), occupato da case appoggiate alla parete della roccia”. [I resti di questi edifici sono attualmente quasi non più rilevabili]. “Tegole a coppo, mura di case in pietre a secco, tutto quello che si è potuto osservare ricorda Brucato e, anche se la presenza del bosco non ha permesso di rintracciare ceramica di superficie né di ottenere una visione complessiva del sito, permette di datare l’abitato nel ‘300. La cosa più singolare è evidentemente il costone roccioso, adibito a castello per i 200 m circa della sua lunghezza: tracce di aperture appaiono nella parete, verso est, e numerosi pezzi di mura sostengono camminamenti o stanze o forse torri, mentre il nucleo delle costruzioni occupa l’ultimo ripiano (m 50 x 20), verso sud, a m 1081, dominando Isnello. [I resti di mura appoggiati alla roccia e le aperture nel costolone sono attualmente del tutto scomparsi ad eccezione di pochi affioramenti dal terreno e di una serie di opere murarie recenti (costruite nel giugno 1989, come attestato da un graffito), realizzate per assicurare la stabilità di una formazione rocciosa fortemente erosa e nella quale esiste un’ampia apertura naturale, l’unica rilevabile lungo il costone. Non è possibile affermare se tali mura abbiano ricoperto o sostituito resti murari più antichi. La posizione del costone roccioso, quasi a strapiombo su un precipizio, può giustificare la sparizione dei resti e delle strutture segnalati da Bresc, a causa dell’erosione naturale e di ipotizzabili crolli. Attualmente, in definitiva, appare impossibile o comunque difficile identificare il castello con il costone roccioso e le strutture ad esso appoggiate all’epoca della prospezione di Bresc]. “
Qui, le tracce del torrione sono evidenti: mura perimetrali larghe m 0,90, ben visibili su più di 2 m di altezza ad est, inizi di volte: il torrione utilizza la roccia di un ultimo cucuzzolo per alzarsi sopra il ripiano”. [Anche in questo caso la situazione attuale appare piuttosto differente rispetto a quella descritta da H. Bresc. Non è possibile identificare con certezza i resti murari esistenti con quelli di un torrione, anche se ciò è certamente ipotizzabile. Oltre ad alcuni affioramenti di strutture interrate, rimane visibile in alzato un tratto di mura realizzato in pietrame calcareo locale e foderato con malta lungo circa 7 m per un’altezza non superiore a 1,30 m. Tale muro corre parallelo alla cresta sul lato est. Non vi è più traccia degli accenni di volta visti da Bresc. L’accesso a quest’ultimo ripiano è agevolato da una scaletta in pietra di impossibile datazione. Graffiti di nomi e di date (leggibile quella 1939) incisi sulle rocce affioranti della vetta testimoniano una più recente frequentazione del sito]. “Questo tipo di castello, costruito lungo una parete rocciosa utilizzata in ogni particolare (anche le aperture sembrano ricavate da finestre naturali), è inedito in Sicilia: ricorda invece numerosi castelli provenzali, tra i quali Les Baux.
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Da Cefalù, strada per il santuario di Gibilmanna; da qui stradella per l'Osservatorio Geofisico e quindi proseguire a piedi in direzione sud (ca. 15 minuti).
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Storia
Per avere le prime notizie di Monte Sant’Angelo si deve risalire al 1081, anno in cui nell’atto di fondazione del vescovado di Troina (più tardi Messina) compare, fra le altre località ricadenti nella diocesi, anche Gibelman, oggi Gibilmanna. Nel 1131 Gibelman non compare invece fra le località comprese nella nuova diocesi di Cefalù che sottrasse alla diocesi di Messina il territorio madonita. Nel 1156 nelle vicinanze di Gibilmanna è attestata una chiesa di San Nicola de Malo vicino. Nel 1178 è invece attestata una chiesa di Santa Maria de Zibelmanno. Nel 1337 nel testamento di Francesco I Ventimiglia conte di Geraci sono ricordati il castrum et terram Sancti Angeli Bonvicini che viene lasciata al secondogenito Francesco II insieme a Gratteri, Collesano e Caronia (ASPA, Archivio Belmonte, 133, c. 1). Il toponimo Bonvicini non è altro che un cambiamento augurale del più antico de Malo vicino, mentre l’intitolazione principale a Sant’Angelo poneva la nuova fondazione castrale “sotto la protezione dell’arcistratega delle milizie celesti”. Nel 1338 avviene lo sbarco angioino: viene conquistata Monte Sant’Angelo insieme a Collesano, Brucato, Gratteri. Tra il XV e il XVI secolo, dopo il probabile abbandono di Monte Sant’Angelo nel corso del XIV secolo, il toponimo Bonvicino si sposterà più a valle e designerà una contrada posta lungo il torrente Isnello e quindi un piccolo fortilizio sorto in quella zona, a ca. 4 km da Monte Sant’Angelo.
Bibliografia
Castelli medievali di Sicilia, guida agli itinerari castellani dell’isola; Regione Siciliana Centro Regionale per l’Inventario la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali e Ambientali.
H. Bresc, Malvicino: la montagna tra il vescovato e il potere feudale, in Potere religioso e potere temporale a Cefalù nel Medioevo. Atti del Convegno Internazionale (Cefalù, 7-8 apr. 1984), Cefalù 1985, pp. 54-70.
Indirizzo: Gibilmanna, pizzo Sant'Angelo
Facilities
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