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Descrizione
Dal punto di vista artistico-architettonico le mura medievali risalgono all'XI e XII secolo. Elementi arabo/normanni sono riscontrabili nella seconda porta del Castello,dove l'arcata a sesto acuto ne prolunga lo slancio. In alto vi è lo scudo della famiglia Abbate. I portali sono sormontati da scudi che rappresentano una gru simbolo della famiglia La Grua; altri mostrano tre zolle di terra,probabilmente simbolo dei Chiaramonte. In quello delpiano superiore si trova lo stemma di due leoni rampanti simbolo dei Lanza.
Entrando al piano terreno vi è una stanza con volta a crociera che originariamente era un muro esterno. Un'altra stanza priva del piano di calpestio mostra le fondazioni di strutture precedenti. Un grande salone è diviso da due arcate a sesto acuto con colonna centrale. Nel lato est del castello rimane da vedere: in una stanza un lavatoio in pietra di Billiemi; una cappella affrescata a Trompe l'oeil,una statua in marmo della Madonna di Trapani.
Dentro la cappella si ammira un bellissimo tabernacolo ligneo del primo decennio del '600 con colonnine corinzie che scandiscono prospettivamente lo spazio. Un matroneo ligneo permetteva la vista del piano superiore.
Al piano superiore, all'ingresso di quella che era l'ala quattrocentesca del Castello, troviamo un portale marmoreo dove, tra due fenici rinascenti dalle fiamme, è scritto " Et nova sint omnia" (e tutto sia rinnovato), che è la continuazione di un'altra scritta presente su un altro portale marmoreo sempre nel lato sud-ovest dove è scritto "Recedant Vetera" (sia cancellato il passato), probabilmente collocate quando il Castello, sotto la direzione dell'architetto netino Matteo Carnalivari, cambiò la sua destinazione d'uso trasformandosi da caserma a palazzo residenziale (seconda metà del 1400).
Dalla porta accanto si accede al salone delle feste, caratterizzato da un soffitto ligneo cassettonato con elementi stalattitici tutti decorati con stemmi nobiliari, salmi dedicati alla Madonna e scritte allegoriche, tra le quali quella sull'asse centrale: "In medio consistit virtus" e quelle sulle mensole laterali: "Et in estremis labora". Il soffitto ligneo fu realizzato in concomitanza con i lavori di riammodernamento fatti quando i La Grua Talamanca si imparentarono con la famiglia Ajutamicristo, un soffitto simile si conserva infatti presso il Palazzo palermitano della stessa famiglia, capolavoro dell'architettura gotico-catalana palermitana.
Il salone delle feste del piano nobiliare è un classico esempio di sala quattrocentesca con soffitto ligneo cassettonato,camino imprezionsito con lo stemma dei la Grua ed ampie finestre. Il soffitto conserva una parte originale dove è visibile una scritta in latino "In Medio Consistit Virtus" ovvero "Nel mezzo sta la virtù" per indicare che la parte era stata realizzata solo per decorazione mentre è la struttura laterale quella portante.
Le altre stanze [modifica]
Interessanti sono le stanze affrescate come quella dove si trova l'affresco di "Penelope ed Ulisse". Una piccola scaletta porta alle cucine.Una stanza merita attenzione perché si caratterizza per le vele e i pennacchi terminanti in pietra di Billiemi di stile gotico-catalano.
Il Castello divenne famoso quale teatro di una tragica vicenda: il 4 dicembre 1563 donna Laura Lanza di Trabia baronessa di Carini, moglie di don Vincenzo La Grua - Talamanca, venne uccisa dal padre per motivi di onore insieme al presunto amante Ludovico Vernagallo. Gli atti di morte dei due si trovano trascritti presso l'archivio storico della Chiesa Madre di Carini. Il "Caso della Signora di Carini" non fu subito di dominio pubblico, la potenza delle famiglie coinvolte mise subito a tacere i diaristi del tempo, che si limitarono a riportare solo la data e la notizia della morte della Signora di Carini. Don Cesare Lanza di Trabia sarà assolto in virtù della legge vigente e l'anno successivo insignito del titolo di Conte di Mussomeli. Della vicenda si occupò nella metà del 1800 lo studioso Salvatore Salomone Marino che riuscì a ricostruire, grazie a quanto appreso dal popolo attraverso vari "cunti" tramandati nei secoli dai cantastorie, la storia di Laura e del suo amato Ludovico. Una leggenda narra che in occasione dell'anniversario del delitto comparirebbe, su un muro della stanza dove venne uccisa Laura, l'impronta della mano insanguinata lasciata dalla baronessa uccisa.
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Autostrada A29 (Palermo-Mazara del Vallo), uscire a Carini e proseguire sulla SS113 in direzione Trapani sino al bivio con la strada comunale per Carini.
Recensioni
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Fatina61
- 16/11/2010
franca guarino
- 15/03/2010
Andrea Orlando
- 08/09/2008
Storia
“Carinis dominata da una fortezza di recente costruzione”, così Al-Idrisi (1099-1166 d.C.), scrittore arabo di scienze naturali, ma soprattutto geografo, scriveva nel suo libro “Kitab Rugiar” (Il Libro di Ruggero) terminato nel 1154, ossia nell’anno stesso in cui moriva Ruggero II. Il Castello di Carini viene eretto tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo, su una costruzione precedente, sicuramente araba, ad opera del primo feudatario normanno Rodolfo Bonello, guerriero al seguito del conte Ruggiero.
Dagli scavi condotti nel corso del recente restauro, sia nel lato est che in quello nord, sono affiorate strutture murarie di epoche precedenti a quella normanna. Nel 1283, sotto il regno di Costanza D’Aragona, il Castello passa alla Famiglia Abate che lo detiene per circa un secolo. Questa famiglia comincia a trasformare la struttura difensiva in ambienti quasi residenziali. Nel XIV secolo il feudo di Carini passa alla famiglia dei Chiaramonte. E’ nel 1397, che a Catania Re Martino il Giovane, in cambio dei servigi resi, concede ad Ubertino La Grua di Palermo, Maestro Razionale del Regno, per se e per i suoi eredi successori la terra di Carini con tutti i suoi diritti e pertinenze.
Due atti di notai attestano che nel Castello furono fatti restauri: uno, nel 1484, l’altro nel 1487, ad opera del maestro Masio de Jammanco, da Noto, cittadino di Palermo. Questi si obbligava col magnifico Guglielmo Talamanca, come tutore di D. Giovanni Vincenzo La Grua, barone di Carini di “dimorare a Carini per eseguire delle fabbriche nel Castello della stessa università ed altrove, per un anno continuo e completo, dal 2 ottobre in poi, per 11 onze, e mangiare e dormire per tutto il tempo”. Per raggiungere il Castello basta percorrere il Corso Umberto I e salire i gradini della Badia.
Si hanno così, davanti, la porta e le possenti mura medievali dell’ XI e XII secolo che un tempo tracciavano l’antico borgo. Elementi arabo/normanni sono riscontrabili anche nella seconda porta del Castello, dove l’arcata a sesto acuto ne prolunga lo slancio. In alto, a sinistra della porta, si scorge uno scudo, probabilmente della famiglia Abate, mentre uno stemma dei La Grua Tocco Manriquez, che si trovava sopra la porta, è oggi (dopo il restauro), nei depositi comunali. Entrando, una caditoia, impediva l’ingresso ai nemici. Una grande corte apre la visuale della bellissima facciata interna, un tempo intonacata, oggi a faccia vista per mostrare gli stili delle varie epoche, per renderla omogenea al gusto rinascimentale cui si riferiscono i portali delle finestre e del portone di ingresso del piano superiore; come anche i quattro portali del piano terreno. Il secondo, partendo da sinistra, ha sostituito un’apertura trecentesca a sesto acuto con sguanci. I portali sono sormontati da stemmi raffiguranti la gru, simbolo della famiglia La Grua; altri mostrano tre zolle di terra, probabilmente simbolo dei Chiaramonte. In quello del salone del piano superiore troviamo anche due leoni rampanti, simbolo dei Lanza. Inoltre tre pentafoglia circondano la gru, come simbolo di fortuna. Entrando al piano terreno una stanza con volta a crociera contiene un muro a faccia vista (prosegue nella stanza successiva ) che originariamente era un muro esterno. In questo sono visibili delle finestre e una porta d’ingresso a sesto acuto con sguanci della vecchia struttura medievale. Un’altra stanza priva del piano di calpestio mostra le fondamenta di strutture precedenti. Un grande salone è diviso da due arcate a sesto acuto con colonna centrale. Affiorate durante il restauro, erano inglobate dentro un muro divisorio cinquecentesco. Il portale di questo muro è oggi addossato alla parete nord. Tre finestre davano luce al salone; oggi una è murata ed è visibile solo esternamente. Nel lato est rimane da vedere: in una stanza un lavatoio in pietra di “Billiemi”; una cappella affrescata a trompe l’oeil (XVII-XVIII sec.), una statua in marmo della “Madonna di Trapani” attribuita a G. Mancino, scultore del XVI secolo. Dentro la cappella si ammira un bellissimo tabernacolo ligneo del primo decennio del’600, con colonnine corinzie che scandiscono prospettivamente lo spazio. Un matroneo ligneo permetteva la vista del piano superiore. Esternamente alla cappella, una porticina porta al bastione, dove sono visibili i resti di un muro perimetrale. Uno scalone in pietra di Billiemi , opera dell’architetto Matteo Carnalivari, conduce al piano superiore ( XV secolo). Lì troviamo un portale marmoreo con una scritta: Et Nova Sint Omnia che è la continuazione di un’altra scritta che si trova su un altro portale marmoreo nel lato Sud-Ovest, oggi crollato, Recedant Vetera. Dall’ esame stilistico dei portali si evince che si tratta di scritte probabilmente del XV secolo.Si riferiscono, a lavori di ristrutturazione che subì il castello alla fine del’400 per cancellare il suo aspetto medioevale non più confacente all’epoca. Il salone delle feste del piano nobiliare è un classico esempio di sala quattrocentesca con soffitto ligneo cassettonato,camino impreziosito con lo stemma dei La Grua ed ampie finestre con sedili addossati. Il pavimento è stato rifatto recentemente; mentre il soffitto conserva una parte originale dove è visibile una scritta in latino “In Medio Consistit Virtus” e lo stemma dei La Grua dove troviamo un leone, simbolo dei Lanza, forse posto successivamente. Da un portale sormontato dallo stemma dei La Grua si accede ad altri ambienti che mostrano i segni di epoche precedenti (feritoie, arcate, ecc.). Interessanti sono le stanze affrescate (XVII e XVIII ). In una di queste si può ammirare un bellissimo portone settecentesco decorato che caratterizza l’alcova. La stanza antistante ha un falso-camino in marmo rosso, mentre l’affresco della volta a botte raffigura “Penelope ed Ulisse”; alle pareti sono raffigurate vedute archeologiche. Segue una stanza in stile pompeiano. Una piccola scaletta circolare porta alle cucine, mentre un'altra attigua sale ai piani superiori. Dal lato ovest si accede ad una zona chiamata “Foresteria”. Una stanza, in particolare, merita attenzione perché si caratterizza per le vele e i pennacchi terminanti in pietra di Billiemi di stile gotico- catalano. Per una scaletta si accede alla torre o maschio del castello . La torre continua con un soppalco ligneo dal quale una bifora con lo stemma degli Abbate permette di osservare il lato sud del paese. Qui la volta è a crociera con pennacchi terminanti anch’essi con pietra di Billiemi. Una scala, oggi non più esistente, permetteva l’uscita verso i merli del torrione. Da una porticina caratterizzata da un’arcata a sesto acuto si esce in un piccolo terrazzino, creato recentemente, che permette di osservare il panorama della città. Alzando gli occhi verso la torre, si può notare, nella penultima mensola verso sud la scultura di una mano. In passato si pensava fosse stata realizzata per ricordare l’uccisione della baronessa Laura Lanza, che sul punto di morte lasciò sul muro la sua impronta insanguinata. Certamente si tratta di una scultura precedente all’accaduto; è probabilmente un simbolo di fortuna legato ad una maestranza araba (la mano di Fatima ) o, come asserisce qualcuno, la firma di un artista. Il nostro viaggio finisce qui, osservando questa mano scolpita e pensando alla vicenda che accadde in questo castello. Manca ancora una tessera del mosaico, l’ala sud-ovest ancora crollata, affinché questa immensa struttura faccia rivivere interamente la sua bellezza.
Indirizzo: Via Termitana 2, Centro Urbano
Facilities
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