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Descrizione
Il Castello di Calatabiano sorge al confine settentrionale della provincia etnea su una collina alta 220 metri s.l.m., dominando l'accesso orientale della Valle dell’Alcantara. Qui proprio il fiume Al qantar (nome di origine araba che significa "il ponte") segna il confine tra le province di Catania e Messina.
Dopo decenni di abbandoni, nel luglio 2009, il castello di Calatabiano è tornato agli antichi splendori grazie al sapiente progetto di restauro dell'architetto Daniele Raneri, il quale ha ridato lustro non solo ad una delle fortificazioni più suggestive della Sicilia orientale, ma ha praticamente riscritto la storia del castello stesso.
Dai lavori di scavo è infatti emerso che anche se Kalaat-al Bian (rocca di Biano) è il nome che gli arabi diedero alla fortificazione di Calatabiano, il sito ha origini ben più antiche. Alcune mura del castello (ancor oggi visibili) videro infatti la soldatesca musulmana porre mano all’assedio. Ma non furono gli arabi ad edificarlo. I luoghi infatti dimostrano una frequentazione greca a partire dal IV- III sec. a.C. Esisteva al tempo una conurbazione tra gli abitati di Tauromenion Naxos e il colle dove sorge il castello, sul quale, alla fine dell’epoca classica dal V all’VIII sec. d.C., i “Romaioi”, ovvero i Bizantini, edificarono un grande Kastron, divenuto poi il nucleo primigenio dell’attuale castello.
L’ultimo salto conoscitivo avverrà quando sarà identificato il nome di questo insediamento in epoca greca. Quale fosse il suo utilizzo, se si trattasse sin dalle origini di un luogo sacro o di un insediamento abitativo vissuto, sarà presto chiarito dagli studiosi. Il luogo conserva immutata una pregnanza storico-ambientale di straordinaria valenza.
L'ingresso principale al maniero è costituito da un portale a sesto acuto con dei conci lavici di pietra arenaria ed è sormontato da beccatelli reggenti. Entrando ci si ritrova in un cortile largo circa 8 m, sulla cui destra si trovano due cisterne con feritoie.
Delle mura di cinta rimane il perimetro completo con resti di merlature guelfe. Uno degli ambienti più pregievoli del castello è il Salone Cruyllas, situato al centro del cortile e dal cui interno, attraverso due finestre, si può ammirare una bellisima veduta della valle dell'Alcantara. Al centro del salone vi è uno stupefacente arco in pietra bianca di Taormina che divide in due parti il il grande ambiente, sulla cui pietra di volta si trova il blasone dei Cruyllas.
Tra i vani che si affacciano sul cortile vi è ad ovest una cappella con abside, al centro della quale vi è una feritoia. In una zona più alta del maniero, dove fu costruito il primo nucle difensivo, si arriva attraverso un portale decorato da conci lavici artisticamente lavorati. Salendo una scaletta intagliata nella roccia si accede al "Mastio" formato da un corpo centrale rettangolare delimitato alle estremità da due torrioni semicircolari.
Nella parte centrale del Mastio vi è una "PUSTERIA", un'apertura che consentiva l'uscita d'emergenza sul pendio ripido del monte. L'approvigionamento idrico del maniero era affidato alla raccolta di acqua piovana nelle 6 cisterne sparse in tutta l'area interna.
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Autostrada A18 (Messina-Catania), uscita Fiumefreddo di Sicilia, alla prima rotonda proseguire dritto seguendo l'indicazione per il paese. Arrivati a Calatabiano vi sono due possibilità:
- la prima è quella di seguire la segnaletica per il castello, già visibile dal paese lungo la strada, e di sfruttare l'ampio parcheggio di fronte l'entrata. In tal caso si potrà raggiungere il castello in cima al colle tramite l'ascensore inclinato panoramico.
- la seconda è quella di raggiungere il castello sfruttando la scalinata medievale, in tal modo si potrà godere dei suggestivi panorami che si affacciano sui ruderi della Terravecchia, ovvero l'antico abitato di Calatabiano. Salendo dall'antica scala (dove in maggio si svolge la famosa "Calata di San Filippo") si possono ammirare i ruderi di case, portici, cinta muraria e soprattuto due chiese integre, quella della Madonna del Carmelo e quella del Santissimo Crocifisso (dove risiede il simulacro del Santo Patrono). Per raggiungere la scalinata, da Piazza Duomo, prendere Via Mazzini, e poi tenere la destra prendendo Via Savoia, Via Ignazio II e Via Cruillas, la quale vi porterà alla base della scalinata dove si trova un piccolo parcheggio (650 m dalla piazza).
Recensioni
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hesse66
- 03/10/2011
modicafabio
- 26/12/2010
André Marèk
- 23/02/2010
Storia
La prima documentazione certa relativa al castello di Calatabiano si rileva da una carta della Sicilia in cui il geografo e viaggiatore arabo Abu ‘Abd Allah Muhammad ibn Idris (1099 1164) rappresentava l’Isola e i suoi sistemi fortificati. La carta tratta dal “Libro di Ruggero”, presso la cui corte il geografo prestava i suoi servigi, rappresenta l’Isola capovolta secondo la consuetudine araba. Qui il massiccio dell’Etna appare sul lato sinistro ed è lambito dai due fiumi Simeto e Alcantara. Proprio lungo le sponde del fiume Al-kantar (il ponte) appaiono rappresentate due fortezze speculari Tauromenion e Kalaat-al Bian. Ricostruito su preesistenti capisaldi greci e romani.
Non sappiamo che nome avesse all’epoca bizantina il maniero che gli arabi, dopo la conquista, avrebbero chiamato: Kalaat-al-Bian, (Rocca di Biano).
Biano non è un nome di origine araba.
Argomentando dalle vaghe e scarse memorie dello Schubring, pare che nel primo millennio a.C. le alture poste quasi di fronte a Taormina, dominanti la vallata sud-est dell'Alcantara, fossero abitate dai Siculi.
Due fatti importanti ci fanno accogliere queste induzioni:
1) l'aiuto che nel 427 a.C venne dalle popolazioni montane a Nasso, situata sul capo Schisò, quando i Messeni la investirono e la ridussero in tristissime condizioni;
2) l'ospitalità data nel 403 a.C dalle popolazioni sul monte Tauro (Taormina) ai greci della medesima Nasso, già distrutta da Dionisio.
Evidentemente le popolazioni del monte Tauro dovevano tenere qualche villaggio fortificato sulla riva destra dell'Akesines (Alcantara), atto a dominare la vallata omonima, di suprema importanza per le comunicazioni col mare. Lo Schubring, infatti, ha identificato questo villaggio col castello di Bidio, che secondo l'epitomatore Di Stefano era di origine sicula, nei pressi di Taormina, e il cui nome, secondo il Bochart, deriva dal fenicio e significa castello delle bianche mura.
Ma sin qui, come abbiamo detto siamo sempre nel campo delle induzioni, le quali cominciano a diventare certe con la dominazione romana, poiché tra le costruzioni aragonesi dell'attuale Castello, si vedono qua e la dei grossi mattoni, come quelli esistenti nel teatro di Taormina . Con la dominazione saracena comincia a farsi maggior luce e diversi autori non hanno nessuna difficoltà ad assegnare origini saracene a Calatabiano, che dicono fondato tra il 900 ed il 1000 d.C.
Invero lo storico Amico, seguito dai contemporanei, lo vuole di origine araba e afferma che derivò il nome da Biano, signore dei possedimenti, essendo la parola araba Calata equivalente alla italiana castello. Ma noi, basandoci sulle anzidette induzioni e sull'esame obiettivo dei ruderi, opiniamo che il castello ebbe più antiche origini.
Di fatti la rocca più alta differisce dalle altre costruzioni, per posizione e per sistema, tanto da poter formare parte indipendente. Quella certamente dovette essere la prima fortezza costruita sul monte, ma ad opera di quali popoli e in quale epoca non possiamo determinare con certezza.
Araldica
Cruyllas o Coriglies.
Nobile famiglia originaria della Catalogna e che vanta discendere da un cavaliere del sangue reale dei Goti, rifugiatasi sui Pirenei al tempo dell’invasione della Spagna fatta dai barbari. Si vuole che sia stata portata in Sicilia da un Calcerando, mandato in Sicilia insieme con Pietro de Queralt da re Pietro d’Aragona nel 1282. Possedette le baronie di Francofonte, di Calatabiano, di Palagonia, Passaneto, Scordia soprana, ecc..
Un Berengario, fu regio consigliere, gran camerlengo e vicario generale di Sicilia sotto i Martini; un Giovanni, milite, fu camerlengo di re Martino 1398; un altro Giovanni, barone di Francofonte, fu stratigoto di Messina 1402; un Bernardo fu castellano di Monte San Giuliano 1438, 1443, 1448.
Arma: di rosso, a dodici crocette patenti d’argento, situate 3, 3, 3 e 3.
Alias: di rosso, a nove crocette patenti d’argento, poste 3, 3, 2 e 1.
Dal Nobiliario di Sicilia del Dott. A. Mango di Casalgerardo.
Bibliografia
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Casentino G., Codice Diplomatico di Federico III d\'Aragona, re di Sicilia (1355-1377), Palermo 1886;
Ganci Battaglia G., Vaccaio G., Aquile sulle rocce (castelli di Sicilia), Palermo 1968;
La Mantia G., Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia (1282-1355), I, Palermo 1918;
Maurici F., Castelli medievali di Sicilia. Dai bizantini ai normanni, Palermo 1992;
Maurici F., Per l\'archeologia postmedievale in Sicilia, La Terra Vecchia di Calatabiano, in La Sicilia dei terremoti. Lunga durata e dinamiche sociali, a cura di G. Giarrizzo, Catania 1997,pp. 139-165;
Starrabba R., I diplomi della cattedrale di Messina raccolti da A. Amico, Palermo 1888;
Terranova C., I castelli dell\'Etna, in Etna, il vulcano e l\'uomo, Catania 1993, pp. 244-267;
Tomarchio G., Il castello di Calatabiano, in "Memorie e Rendiconti dell\'Accademia di Scienze, Lettere e Arti degli Zelanti e dei Dafnici", s. III, III, Acireale 1982, pp.311-342;
Zappalà F., Calatabiano ed il suo castello dalle origini ai giorni nostri, Catania 1955.
Indirizzo: Via Alcantara, 142