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Descrizione
Il castrum venne costruito lungo una strada che collegava Novara a Como (G. Bognetti 1966b, S. Maria foris portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in L’età longobarda, II, Milano, pp. 11-683). I ruderi trovano posto sulla sommità di un dosso protetto da una cita muraria spessa da un minimo di 1.10 metri a un massimo di 2,20, intervallata ogni 30/35 metri da torri, che si ergono anche isolate all'interno della cortina muraria, che ancor oggi racchiude una superficie superiore ai 4 ettari. Non lontano si possono trovare due complessi religiosi importanti: ad ovest S. Maria foris portas, il cui sobborgo era unito al castello da un ponte di cui rimangono alcuni pilastri; ad est un'appendice della cinta racchiude il complesso di Torba.
Nonostante il castrum sia stato indagato a macchia di leopardo, alcuni interessanti dati provengono dal settore sud, nel quale è stato individuato un grosso edificio a pianta quadrangolare (17X12 metri), con muri spessi 1,50 m. e contrafforti disposti lungo il lato meridionale. Si ritiene fosse un edificio pubblico, la cui funzione precisa purtroppo sfugge ancora. La muratura presenta materiali di risulta e reimpiego (A. Corbellini 1846, Il museo lapidario Archinto e gli scavi di Castel Seprio, «Rivista Europea. Giornale di scienze morali, letteratura ed arti», 1, pp. 107-127), così come è possibile osservare negli altri ruderi superstiti del castrum; inoltre presenta similitudini con la torre di Torba e la chiesa di S. Maria foris portas in relazione alla conformazione delle finestre, definite a "fungo" (a testa di chiodo?). L'interno di questa costruzione si divide in due ambienti principali e l'insieme mantiene tracce di frequentazione fino al basso medioevo, epoca in cui venne abbandonato per motivi non meglio precisati.
Non lontano da questo edificio, nel settore nord del castrum sorge la chiesa di S. Giovanni, m. 14 X 22, con uno spessore murario oltre il mezzo metro e con lesene sia nel prospetto principale, sia lungo le fiancate. Sul lato meridionale della chiesa si possono osservare ancora oggi una cisterna e una torre e a levante un battistero ottagono. La costruzione sembra il frutto di una elaborazione in più fasi (M. M. Roberti 1965, Una basilica adriatica a Castelseprio, “Beiträge zur Kunstgeschichte und Archaeologie des Frühmittelalters, Graz-Koln”, pp. 74-87): in origine doveva essere presente una semplice aula rettangolare, successivamente ingrandita attraverso l'aggiunta dell'abside centrale, che si contraddistingue per la presenza di due lesene e di sei finestre a tutto sesto disposte su due ordini; in epoca imprecisata, forse in un periodo coevo all'aggiunta dell'abside, forse in un arco di tempo compreso tra la fine del VI e il VII sec., la chiesa venne suddivisa in navate; infine, in età probabilmente carolingia si aggiunse a meridione una absidiola.
Si ricordi anche la presenza di un'apertura successivamente tamponata nell'abside principale. Questo ingresso dava l'accesso ad un possibile ambiente successivamente sostituito dalla citata absidiola. Un altro elemento che aiuta la datazione della chiesa di S. Giovanni è la grande cisterna meridionale, coeva a livello di progettazione alla chiesa stessa. Il muro di levante della cisterna taglia una fossa di drenaggio, la quale è posteriore alla torre centrale, che a sua volta risulta fra le strutture difensive più antiche del complesso. Questi indizi permetterebbero di collocare la chiesa di S. Giovanni intorno al VI sec. d.C. e comunque non oltre la metà del VII sec. d.C. (S. Lusuardi Siena, P. Sesino 1990, Su alcune sepolture altomedioevali di Castelseprio, in Castelseprio 1287, pp. 97-133).
Anche del battistero ottagono vi sono pochi dati a disposizione. Esso possiede un abside ad est, del quale si può definire con certezza la posteriorità rispetto al resto della costruzione. Problemi cronologici permangono in relazione alle tre aperture, ad occidente, a nord e a sud, e al rapporto tra le due vasche interne al battistero, di cui una è certamente la fonte battesimale (costruita in laterizi e rivestimento in marmo), l'altra (laterizi e pavimento in cocciopesto) da interpretare o come una seconda vasca o come un serbatoio.
Vale la pena ricordare anche le sepolture scoperte in questa zona del castrum. Una, con corredo longobardo, è stata rinvenuta nello spessore murario del prospetto principale della chiesa di S. Giovanni, così come altre cinque ad arcosolio si possono osservare lungo i fianchi della chiesa stessa. Nell'area absidale un'altra tomba è di epoca ottoniana, mentre all'esterno dell'abside è stata localizzata un'altra sepoltura con lastra monolitica di copertura con scolpita un'asta a croce.
Si è osservata la presenza, all'interno del castrum, di numerosi edifici civili, le cui fasi abitative arrivano almeno fino al XIII sec. d.C. Tali costruzioni erano in materiale deperibile, spesso, infatti, si trattava di case terranee con muratura di malta e argilla o alzato ligneo su semplici zoccoli di muratura (M. Cagiano De Azevedo 1974 , Esistono una architettura e una urbanistica longobarde?, in La civiltà dei longobardi in Europa, Roma-Cividale del Friuli 1971, Roma, pp. 289-329).
Nel settore compreso tra la torre centrale, la cisterna ed il fianco meridionale della chiesa è stato individuato un vano abitativo angusto e impiantatosi su una piccola area cimiteriale. Un altro edificio risulta presente nei pressi della cortina muraria, decisamente più ampio, composto da due vani e da un ampio spazio trapezoidale. Le differenti tecniche edilizie utilizzate, calce e malta, limo/argilla e basi in pietra per intelaiature lignee, lasciano intendere diverse fasi aggregative fino al XIII sec. d.C., periodo in cui l'edificio venne distrutto, contemporaneamente al castrum.
Anche l'area a nord della chiesa di S. Giovanni, un tempo fitto sottobosco, ha restituito la presenza di numerose abitazioni (G.P. Brogiolo 1988-89, Zona archeologica, area a nord della basilica di S. Giovanni. Lo scavo, «NSAL», pp. 181-83). Immediatamente a nord/est della chiesa è stato individuato un primo edificio (noto con il nome di "Casa dei Canonici"), composto da tre vani e caratterizzato da una muratura di ciottoli disposti a spina di pesce e di piatto, legati da malta. Le mura all'interno erano intonacate e recanti tracce di decorazione pittorica geometrica. Si doveva trattare di un'abitazione ospitante persone di un certo livello sociale. Altri edifici trovavano posto immediatamente a nord del muro settentrionale della chiesa insieme ad un lungo muro di recinzione che finiva per isolare del tutto il complesso sacro di S. Giovanni, officiato ancora nel 1398 da ben 12 canonici. Dunque l'edificio di culto al centro del castrum sopravvisse di molto alla distruzione dello stesso. Ne sono testimonianza le prove archeologiche e, soprattutto, le fonti documentarie. Esse, infatti, dichiarano per il 1564 la presenza di 17 ecclesiastici. Solo tra il §XVII e il XVIII sec. S. Giovanni entrò nell'oblio, risultando quasi del tutto abbandonato e trasformandosi, nel XIX sec., in cava di materiale per una vicina cappella di Vico Seprio.
Il castrum svolse le ultime mansioni militari intorno al XIII sec., soffrendo poco dopo l'inevitabile abbandono, sia perché obsoleto, sia perchè inutile nell'ottica militare rinascimentale. Così come nei casi di Monte Barro e Lomello, sopravvissero alla fortezza solo i luoghi di culto, sia quelli dentro le mura, sia quelli edificati nelle immediate vicinanze.
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Storia
Gli studi denunciano un'occupazione del dosso a partire dall'età del ferro, fino al VI sec. a.C. Tuttavia pare inesistente la frequentazione romana, che lascia pochissimi indizi sparsi lungo l'intera cerchia di mura. Si ritiene il V secolo come probabile data di edificazione del castrum. Alcuni significativi contesti aiutano a confermare tale ipotesi: primo fra tutti, lungo la cortina muraria, il livello di frequentazione più antica per la torre 2 è da ascriversi alla fine del V e inizi del VI sec. d.C.; confermano questa cronologia anche altri rinvenimenti effettuati dagli scavi dell'ultimo trentennio, fra cui alcune olle a orlo diritto (V/VI sec.) provenienti da un pozzo di drenaggio della torre centrale.
I dati archeologici confermano, dunque, una possibile edificazione del castrum di Castelseprio dalla fine del V sec. d.C. (M. Dabrowska 1978-79, Castelseprio. Scavi diagnostici 1962-63, «Sibrium», XIV, pp. 1-137), sebbene non si possa escludere una fondazione più antica, poichè le indagini hanno interessato solo una parte del grande recinto fortificato. Certamente un'occupazione intensa si registra solo a partire dall'età gota, proseguendo per tutto l'altomedioevo, durante il quale la fortezza, diventata per certi versi un nucleo urbano, ebbe a patire tre incendi.
Bibliografia
C. Bertelli, Pittura di età carolingia nell’Italia settentrionale e a Castelseprio, in Castelseprio 1287, 1990, pp. 81-92.
G. Bognetti, S. Maria foris portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in L’età longobarda, II, Milano 1966, pp. 11-683.
G. P. Brogiolo, S. Gelichi, Nuove ricerche sui castelli altomedievali in Italia settentrionale, Firenze 1996, pp. 119 e seg.
M. Dabrowska - L. Leciejewicz - E. Tabaczyn\'ska - S. Tabaczyn\'ski, Castelseprio. Scavi diagnostici 1962-63, «Sibrium» 1978/79, XIV, pp. 1-137.
S. Lusuardi Siena, Castelseprio (Varese). Lo scavo di una casa medievale all’interno del castrum. Notizie preliminari, in R. Comba - A. Settia (a cura di), Castelli. Storia e archeologia, (Cuneo 1981), Torino 1984, pp. 355-357.
M. Mirabella Roberti, L’abside della basilica di S. Giovanni in Castelseprio, «Sibrium», XIV, 1978/9 pp. 155-160.
A. Surace, Le mura di Castelseprio, in Mura delle Città Romane in Lombardia, Como 1993, pp. 49-64.
Indirizzo: Via Castelvecchio
Facilities
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