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Descrizione
Arroccata da più di mille anni sopra uno sperone di diaspro rosso, alla confluenza dei torrenti Ceno e Noveglia, la Fortezza di Bardi rappresenta il massimo esempio di architettura militare in Emilia Romagna. Appartenne dalla metà del Duecento, e per oltre quattro secoli, ai Landi, principi rinascimentali che pure battevano moneta su licenza imperiale, verso la fine del Cinquecento viene parzialmente trasformata in elitaria dimora patrizia.
Tutti da ammirare sono i camminamenti di ronda, le torri, la piazza d'armi, il cortile d'onore porticato, il pozzo, la ghiacciaia, i granai, le stalle, le grotte, le prigioni e le sale di tortura. All'interno del Castello trovano altresì collocazione diverse realtà museali, ovvero: Il Museo della Civiltà Valligiana, Il Museo del Bracconaggio e Il Museo degli Alpini “P. Cella”.
Il Museo della Civiltà Valligiana è collocato nell'ala Sud della Fortezza (nella parte originariamente dedicata ai soldati e poi, verso la fine del XVI secolo, alle funzioni amministrative dello Stato Landi). Il museo si propone di illustrare gli stili ed i mestieri della vita contadina, presenti in val Ceno, tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo. Nella prima parte vi si trovano gli allestimenti di stanze quali La Cucina, La Camera da Letto ed I Lavori Domestici; ambienti che presentano in maniera dettagliata come venivano combattuti i principali “nemici” della vita contadina: lo sperpero ed il freddo.
Nella seconda parte è invece possibile ammirare i principali mestieri presenti in ogni comunità contadina autonoma, fortemente legati al bosco ed alla pastorizia: il cestaio, il seggiolaio, il sarto ed il calzolaio, il cordaio e la filatura della lana, il boscaiolo ed il falegname, il bottaio ed il carradore, lo scalpellino il tornitore ed il fabbro, senza dimenticare la lavorazione della castagna secca, una delle principali fonti di nutrimento di quei tempi. Ogni oggetto presente nel museo è stato donato dalle famiglie della val Ceno, grazie al principale interesse del Cardinale Samorè, fondatore dell'attuale Centro Studi Val Ceno. Il museo è una splendida opportunità di illustrare ai bambini e gli adolescenti gli oggetti in uso ai tempi dei loro nonni o bisnonni.
In altre parti della Fortezza, quali le “Stalle”, si possono osservare gli oggetti di maggior dimensioni, le slitte per la legna e gli aratri, mentre nelle “Case di una volta” si cerca di ricostruire una delle case popolari presenti nella Fortezza fino alla metà degli anni 50.
Il Museo del Bracconaggio è collocato al di sopra del Museo della Civiltà Valligiana, nell'ala sud della Fortezza. Il museo si propone di illustrare, attraverso una serie di diorami, le tecniche usate dai bracconieri nella val Ceno. Oggi giorno, giustamente, il bracconaggio è una pratica illegale di caccia, ma agli inizi del XX secolo era una delle “professioni” più diffuse fra la povera gente, che non disponeva di mezzi con cui nutrirsi. E' parte integrante dei mestieri della vita contadina valligiana e si integra con gli scopi del Museo della Civiltà Valligiana.
Il museo nasce da un’interessante raccolta di materiale teso a illustrare il tema del bracconaggio e del trappolaggio. Il nucleo storico della raccolta costituiva il Museo delle trappole e del bracconaggio, ideato e realizzato nel 1994 da Giovanni Todaro. L'Amministrazione Comunale di Bardi è entrata in possesso della collezione nel 2005. Nel 2007 ha deciso, utilizzando fondi RER e con la consulenza scientifica del Professor Vittorio Parisi, la riqualificazione del museo con lo scopo di salvaguardare e valorizzare la collezione, mettendone in luce anche l’aspetto didattico. Il Museo viene quindi riconvertito in Museo della Fauna e del Bracconaggio, volto soprattutto ad illustrare alcuni elementi faunistici autoctoni ed il tema della protezione della fauna. Il museo si suddivide su quattro sale con percorso lineare.
Il Museo degli Alpini “Pietro Cella” è allestito all'interno della fortezza in 5 sale, le cosiddette "Sale Alpine", dedicate al bardigiano capitano Pietro Cella 1ª Medaglia d'oro del Corpo (Adua 1896). Le 5 stanze contengono circa 30 divise ed altro materiale del corpo alpini dalla fondazione nel 1872 alla II Guerra Mondiale. Una sala è dedicata proprio al capitano Pietro Cella con la presenza della sua spada ed una breve biografia con pannelli storici e altro materiale iconografico. L'esposizione è stata curata dal collezionista Dott. Carlo Riccardi (proprietario del materiale) e dal Comune di Bardi che ha allestito la sala dedicata al concittadino Cella.
Del periodo carcerario rimane poca memoria, tuttavia una sala nella parte più antica del castello ospita attualmente una collezione di oggetti di tortura. Si tratta di materiale appartenente a diverse epoche, dal periodo dell'Inquisizione al XVIII secolo, quando certe pratiche nei sistemi carcerari e negli interrogatori, fortunatamente, cominciarono ad essere abbandonate. Oggi tuttavia la sola loro presenza desta una forte impressione nei visitatori che entrano nella "sala delle torture".
Altrettanta emozione suscita negli appassionati di parapsicologia il nome di Moroello. Questi fu un comandante delle guardie (XV secolo), la cui amata, credendolo morto, si gettò dalla rupe.
Egli affranto dal dolore fece poi altrettanto e oggi il suo fantasma, si dice, di tanto in tanto riappare.
Un'equipe di studiosi del Centro studi parapsicologici di Bologna, con una particolare tecnica ritiene di esser riuscita a fotografare il fantasma, le cui immagini si trovano in una sala del castello.
Il castello, di proprietà del Comune, è stato affidato in gestione all'Associazione Temporanea di Impresa tra Socioculturale Società di Servizi di Venezia e Cooperativa Parmigianino di Fontanellato (PR).
Dopo il periodo di restauro a giugno 2012 la Rocca di Bardi è tornata ad essere completamente visitabile, con un percorso di visita ampliato.
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Dall' Autostrada A1 prendere direzione La Spezia (autostrada A15). Uscita Fornovo e poi seguire la segnaletica fino a Bardi (provinciale Varsi-Bardi, circa 36 Km di strada, quasi tutta di fondovalle).
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Storia
Ideata a difesa del territorio circostante, la fortezza di Bardi è stata nei secoli ampliata e migliorata, andando di pari passo alle necessità degli abitanti, e divenendo quindi una straordinaria testimonianza del mutamento dei costumi e degli stili di vita nel corso dei secoli.
Nel 989 Everardo, Vescovo di Piacenza, ritenne fondamentale la realizzazione di una prima struttura a guardia del territorio circostante. Gli Ungari scendevano in quegli anni a saccheggiare l’Italia ed egli temeva che potessero devastare il territorio di Bardi.
Nei secoli successivi queste prime mura furono migliorate, ma vennero distrutte nel 1255, quando Uberto Pallavicino, signore ghibellino di Piacenza, decise di sterminare la fazione guelfa della propria città, ivi rifugiatasi. Questo permise, nel 1257, ad Ubertino Landi, conte piacentino, di acquisire le alti valli del Ceno e del Taro ed iniziare la costruzione di una Fortezza militare a difesa del territorio, determinando così l’attuale struttura quadrangolare.
La fortezza nasce come eremo imprendibile, in grado di reggere un assedio di 5 mesi e ospitare al suo interno fino a 400 persone, grazie a strutture quali la ghiacciaia, le stalle civili, poste subito oltre il corpo di guardia, e il pozzo - una cisterna idrica in grado di recuperare da tutta la fortezza buona parte delle acque piovane.
Innumerevoli sono i miglioramenti che hanno, di volta in volta, modificato l’aspetto della fortezza, per seguire i progetti della Famiglia Landi, sempre più impegnata nel proprio ruolo amministrativo, grazie alla crescente indipendenza dal comune piacentino.
Viene incrementata la presenza di soldati e gli spazi ad essi dedicati, come la piazza d’arme ed i camminamenti eretti per opera di Manfredo Landi durante il XIV secolo. Sono gli anni in cui i Landi vedranno riconosciuto il loro dominio sul territorio di Bardi da parte dell’imperatore Ludovico IV, il Bavaro.
Nel ‘400 terminarono i lavori delle torri esterne connesse ai camminamenti e vi fu un ampliamento delle stanze signorili rivolte verso l’abitato. In questi anni vennero create le nuove segrete, con la stanza della tortura, e le cucine di epoca rinascimentale, che vennero sovrapposte ai livelli interrati – due piani nascosti, e per buona parte non più transitabili, osservabili da alcuni “fori” nelle cucine.
Indirizzo: Piazza Castello
Facilities
Se sei interessato a questo spazio per il tuo ristorante/locanda/osteria inviaci una mail a info@icastelli.it