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Descrizione
Il complesso monumentale del Castello di Avella, attestato sui rilievi collinari che bordano ad Est la pianura campana, occupa una collina dai fianchi scoscesi situata sulla destra del fiume Clanis; alle sue spalle si stagliano i monti di Avella, barriera naturale che separa il comprensorio avellano-baianese dalla Valle Caudina. Il sito gode di una posizione strategica di controllo del territorio circostante, a guardia di un itinerario naturale che attraverso il passo di Monteforte Irpino mette in comunicazione la pianura campana con la valle del Sabato e conduce verso la Puglia e la costa adriatica.
La sommità della collina (m 320 s.l.m.) è occupata dalle strutture della rocca, dominata dalla mole di una torre cilindrica su base troncoconica saldata alle imponenti strutture del donjon. Due cinte murarie, sviluppandosi a diversa quota, cingono le pendici del colle e si ricongiungono sul lato settentrionale, alla base della rocca. La prima cinta, datata ad epoca longobarda, ha una pianta ellittica e abbraccia una superficie di circa mq 10.000; del circuito si conservano dieci semitorri (una è inglobata alla base dell’angolo settentrionale del donjon) delle quali cinque a sezione troncoconica e quattro di forma troncopiramidale. La seconda cinta, a pianta poligonale, prevede una porta carraia nell’angolo sud-orientale e nove torri, tutte quadrangolari eccetto quella dell’angolo sud-occidentale della fortificazione, a pianta pentagonale; la superficie racchiusa all’interno del circuito è di circa mq. 21.000.
Alcuni saggi esplorativi condotti nel 1987 in occasione di un interventodi restauro hanno fissato la datazione del suo impianto al periodo normanno (XI-XII secolo) ed evidenziato l’esistenza di interventi di ristrutturazione nel corso del XIII secolo. Nell’area compresa tra le due cinte murarie, in forte pendio verso sud, sono visibili i resti di numerosi ambienti riferibili a strutture abitative; l’unico edificio conservato in elevato è una grande cisterna a pianta rettangolare, situata immediatamente all’interno della cinta muraria interna. Nonostante rappresenti dal punto di vista monumentale uno dei complessi medievali più rilevanti della Campania, solo in anni recenti il Castello è stato oggetto di esplorazione sistematiche grazie alla disponibilità di finanziamenti destinati alla realizzazione di un parco archeologico. Le indagini, condotte tra il 2000 e il 2001 dalla Soprintendenza peri Beni Archeologici delle province di Salerno, Avellino e Benevento, si sono concentrate sulla rocca allo scopo di definirne lo sviluppo planimetrico e di tracciare, su basi stratigrafiche, una prima periodizzazione delle sue fasi di occupazione.
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Prezzi ed orari
Tariffe
La visita al Castello di Avella è gratuita.
Orari di apertura
E' possibile visitare il Castello di Avella durante tutti i giorni della settimana previa richiesta.
Per informazioni e prenotazioni chiamare al 081 8259368 (Comune di Avella).
Come raggiungere
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Storia
Con la conquista longobarda della Campania Avella si trovò in una delicata posizione di “frontiera”, dovendo fronteggiarela presenza bizantina sulla costa rappresentata dai Ducati di Napoli e Capua. Alla metà del IX sec. con la Divisio Ducatus Beneventani si venne ad infrangere l’unità dello stato beneventano in due Principati: quello di Benevento, assegnato a Radelchi, che controllava le regioni interne dell’Irpinia, del Molise e del Sannio, e quello di Salerno, assegnato a Siconolfo, che aveva ampi sbocchi sul mare. Nella spartizione Avella fu assegnata al Principato di Salerno.
Le prime notizie dell’esistenza di una fortificazione ad Avella risalgono proprio alla metà del IX secolo quando la sua posizione di confine l’espose a numerosi attacchi e scorrerie, come quella compiuta dai saraceni nell’883. Nell’887 Avella fu presa dalle truppe bizantine di Napoli guidate da Atanasio; in quell’occasione fu fatto prigioniero il gastaldo di Suessula Landolfo che era stato lasciato al comando del castello da GuaimarioI di Salerno. Nella Chronica Monasterii Casinensis è riportata anche la notizia della devastazione di Avella, insieme con Cimiterium e Sarno, realizzata nel 937 in seguito ad una scorreria degli Ungari. Non abbiamo notizie dei signori di Avella del periodo longobardo, se non in forma indiretta in due documenti del 1137, nei quali nella genealogia di un Dauferio, personaggio quindi di nome longobardo, è citato un comes di Avella d’epoca longobarda.
Con l’arrivo dei Normanni nell’Italia meridionale nell’XI sec. e lo strutturarsi del loro potere, anche nel castello di Avella fu posto un feudatario. Se nel periodo longobardo – come hanno rivelato gli scavi – il castello doveva prevedere sul sommo della collina una rocca, probabile residenza del comes, e un villaggio fortificato difeso dalla prima cinta muraria, in questa fase il complesso fu completamente ristrutturato con l’edificazione del donjon sul sito della precedente rocca e con l’ampliamento dell’area protetta attraverso la realizzazione della seconda cinta muraria,posta a difesa di un nucleo abitato. Il primo feudatario normanno attestato dalle fonti è Aldoynofranco comes de Abelle et uni ex militibus Abersano. L’Aldoino citato in questo documento del 1087 utilizza ancora il titolo longobardo di comes e fa riferimento anche ad alcuni bisconti autcastaldei nostris, parlando di ufficiali del suo seguito che quindi conservano ancora il titolo longobardo di gastaldus. Tale situazione sembra riferibile ad un territorio da poco tempo sotto il dominio normanno, considerato che i successori di Aldoino non utilizzeranno più il titolo di comes. Appare poi sottolineato il rapporto di Aldoino con Aversa, quasi a sancire, attraverso il riferimento alla prima contea normanna d’Italia, la legalità dell’origine del proprio potere.
Discussa è la discendenza di Aldoino da Turoldo Mosca, milite normanno giunto ad Aversa nella seconda metà dell’XI secolo, ipotizzata da diversi autori sulla base di tre documenti del 1074. Tuttavia il legame con la famiglia Mosca ritorna con il successore di Adoino nella signoria di Avella. Infatti le fonti dicono che nel 1129 questo feudo non era più guidato da Aldoino ma da Rainaldo (II), figlio di Riccardo detto Mosca. Lo stesso Rainaldo compare poi in diversi punti del Catalogus Baronum che permette di ricostruire il suo dominio su diciassette feudi, di diversa importanza e dimensione. Nessuno dei feudi è esplicitamente indicato come Avella, ma già il Cuozzo e con ulteriori affinamenti il Colucci, identificano Avella nel feudo che il conte di Buonalbergo aveva concesso a Rainaldo, con l’obbligo di fornire all’esercito regio quattro cavalieri.
La famiglia Mosca mantenne il controllo di Avella per tutto il periodo normanno, ma la situazione non mutòconl’avvento della dominazione sveva. In un documento del 1222 è attestato come feudatario Rainaldo (III) Mosca. Questi potrebbe essere identificato con il Raynaldus de Avella, ricordato in un documento del 1237 in cui è contenuto l’elenco dei baroni ai quali Federico II affidò i prigionieri lombardi dopo la vittoria di Cortenuova. Ipotizzare che Rainaldo Mosca e Rainaldo d’Avella siano la stessa persona appare sicuramente rilevante, perché presuppone l’abbandono da parte di Rainaldo del cognome materno Mosca per quello toponomastico de Avella, sottolineando in questo modo un radicamento nell’area più forte rispetto al peso storico della famiglia normanna dei Mosca, forse suggerito anche dal mutato clima politico dell’epoca. Successore di Rainaldo fu il figlio Riccardo d’Avella,di cui sappiamo solo che fu ucciso nel 1256, durante la difesa del castello d’Aversa assediato da Manfredi. La famiglia Mosca sembra essersi immediatamente schierata dalla parte dei nuovi dominatori angioini. Infatti il successore di Riccardo fu Rainaldo (IV) d’Avella, probabilmente figlio di Riccardo, che ebbe alti onori alla corte angioina; egli svolse infatti diverse importanti missioni diplomatiche e nel 1294 fu nominato grande ammiraglio del regno.
A Rainaldo (IV) d’Avella successe la figlia primogenita Margherita, alla cui morte prematura, agli inizi del XIV sec., i feudi dei de Avella passarono alla secondogenita Francesca, sposa in seconde nozze di Amelio del Balzo. Con Francesca,morta vecchissima nel 1371, si estingueva la famiglia che per due secoli aveva dominato Avella. Giovanna figlia di Amelio del Balzo sposò Nicola Ianvilla, al quale portò in dote la contea, il cui possesso gli fu confermato nel 1380 dalla regina Giovanna I. Nel 1432 Avella passò agli Orsini conti di Nola. Al capostipite Raimondo successe il figlio naturale Felice che,nel 1459, avendo parteggiato per gli angioini, fu privato di tutti i suoi beni. In questo periodo il castello subì danni inseguito ai terremoti del 1456 e del 1466 che devastarono le aree interne della Campania.
Sotto il dominio degli Orsini il castello sembra andare incontro ad un periodo di crisi. In un documento conservato nell’archivio spagnolo di Simancas del 1529 (un anno prima che fosse ceduto a Girolamo Pellegrino per 14743 ducati), il castello di Avella è così descritto: «forteleza con una terraiunta disabitata; sobre un monte sta el castello, mal tratado dunque antiguamente era bello y grande». Dalla descrizione appare chiaro come l’abitato all’interno del castello fosse ormai in profonda crisi e la fortezza versasse in pessime condizioni. Il dominio su Avella passò nel 1534 ai Colonna; questi edificarono il palazzo baronale ai piedi della collina del castello,nel borgo situato dove era l’Avella classica, contribuendo ulteriormente alla crisi dell’abitato ubicato nella cintafortificata del castello .Dopo alcuni trasferimenti di proprietà il castello passò a Carlo Spinelli, conte di Seminara. Nel 1553 Pietro Antonio Spinelli restaurò la fortezza,come testimoniato da un’epigrafe, oggi conservata all’interno del Palazzo Ducale nel centro storico di Avella e originariamente murata sulla porta d’accesso al castello, riportata anche dal Remondini: «Pietro Antonio Spinello Seminariensi Comiti quiarcem hanc temporem iniuriam collapsam in splendidioremformam restituit a fundamentis».
Dal 1578 al 1604 il feudo di Avella fu tenuto da Ottavio Cataneo, dal quale passò, fino all’eversione della feudalità, i Doria del Carretto. Un documento del 1603 redatto da A. Siviglia fornisceuna descrizione dettagliata del castello di Avella nelle sueultime fasi di occupazione: «Vi è…sopra un monte dallaparte di occidente lo castello con la cittadella e palazzo…nel quale vi è una torre grande con cortiglio. Una sala con otto camere in piano e molta altra comodità. Questa cittadella è murata con dodici altre torrette attorno dette mura per combatteree dentro vi sono da circa cento fochi distrutti e disabitati. Vi è ancora la Parrocchia e cisterna grandissima, nella quale al presente vi è acqua freddissima, lo quale castello è fatto con grande artificio con mura altissime e grossissima spesa…vi sta lo castellano e vi si ponevano li carcerati di mala vita». Questa immagine di un abitato ormai morto e dello stesso castello ridotto a prigione e residenza per il castellano,sembra essersi ulteriormente aggravata negli anni successivi. La terribile eruzione vesuviana del 1631 fece sentire i suoi effetti anche sul territorio di Avella, che fu ricoperta da una spessa coltre di cenere, tanto da essere esentata per cinque anni dal versare le tasse al Viceré di Napoli. La cenere vulcanica ricoprì le rovine del castello, che fu gradualmente spogliato nelle sue strutture a favore del nuovo centro abitato di Avella che si andava sviluppando sul sito dell’antica città romana.
Indirizzo: Via dei Normanni
Facilities
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