Il Castello è chiuso per pericolo crolli
Descrizione
Il Castello Ruffo di Amendolea, fortezza medievale situata nell'omonimo paese nel pieno centro di quella che è conosciuta come l'area grecanica della Provincia di Reggio Calabria, sorgeva in un ruolo altamente strategico, in quanto la valle della fiumara Amendolea costituiva in epoca storica il confine tra Locri e Reggio Calabria.
Il castello, localizzato nel settore nord-occidentale di un lungo ed impervio costone roccioso che si erge nell’area di confluenza tra le fiumare Amendolea e Condofuri, è un tutt’uno con l’altura posta a sud-ovest, occupata dai monumentali ruderi del borgo. Questo, sorto ai piedi della fortificazione in età angioina, è rimasto in uso fino all’alluvione del 1953.
La località è attestata per la prima volta in un diploma greco del 1086 dove è ricordato il fatto che gli arconti Roberto di Fibrao, Ruggero di Lizio ed altri mandati dal Conte Ruggiero dovettero sanare alla buona una lite insorta tra Guglielmo e Riccardo di Amigdalia, circa i confini dei tenimenti di Bova e “Amigdalia”, stabilendo che il territorio posto a destra del torrente Amendolea dovrà essere affidato a Guglielmo, figlio di un compagno d’armi di Roberto e Ruggero d’Altavilla: Framundo.
Il castello, per la complessa orografia del luogo, era difficilmente raggiungibile e il carattere difensivo del luogo era esaltato dalla presenza della sottostante fiumara di Amendolea, le cui acque, soprattutto nella brutta stagione, erano particolarmente impetuose.
La sua fondazione è da riferire alla seconda metà dell’XI secolo e anche ad Amendolea, così come documentato per altri castelli calabresi, la torre-mastio o donjon venne costrtuita fin dall’inizio con possenti murature.
Le strutture murarie più antiche, spesse circa tre metri, si ritrovano nella parte inferiore di un’alta torre di forma quadrangolare costruita direttamente sul banco roccioso. Infatti, a causa di un evento sismico, tali muri furono utilizzati intorno alla metà del XII secolo come base per la costruzione di un nuovo e più elegante donjon, realizzato con una tecnica già impiegata in alcuni edifici di culto greco-normanni di Calabria e Sicilia, basata sull’alternanza di elementi litici locali, mattoni e pietra lavica.
Simile alla più antica torre mastio doveva risultare della torre cappella, il primo luogo di culto costruito nel castello normanno sull’opposto limite dell’altura. La chiesetta, situata al secondo livello, era originariamente formata da un unico ambiente di m. 8,00 x 8,70, con abside centrale orientata e panche laterali in muratura. L’ingresso era localizzato, per esigenze funzionali e nel rispetto della tradizione bizantina, sul lato meridionale.
La torre-cappella palatina e la torre-mastio, unitamente al muro con finestre arciere e ad una piccola cisterna costituiscono l’originario nucleo normanno del castello.
Ad un periodo di transizione tra la prima e la seconda fase normanna (fine XI- fine XII secolo), deve essere riferita la costruzione in nuovo stile della torre-mastio, della grande cisterna con volta in laterizi, delle mura di recinzione presenti sul versante nord-orientale, di una nuova torre cappella e, probabilmente, della porta di accesso.
La torre-cappella B, costruita alla metà del XII secolo, è articolata su tre livelli. Al piano inferiore è ubicata la piccola cisterna, mentre a quello superiore la cappella palatina, una piccola chiesa a navata unica mono-absidata; il terzo piano prevedeva in origine un solaio.
Nel nuovo edificio di culto la struttura absidale venne costruita con conci e lastre di arenaria mentre per la ghiera dell’arco furono impiegati conci di calcarenite e pietra vulcanica. La bicromia ottenuta con l’alternanza di elementi litici chiari e scuri, frutto di una precisa scelta decorativa, contribuiva non poco all’eleganza dell’ambiente. Queste scelte decorative ed architettoniche, e le raffigurazioni presenti nelle fasi più antiche degli affreschi, dove è stata riconosciuta la figura di un leone, evidenziano gli stretti legami esistenti con ambiti culturali siciliani e lasciano intravedere i saldi rapporti che univano i signori dell’Amendolea alla corte palermitana. Anzi, si può quasi cogliere, nella formulazione architettonica e artistica del castello, il preciso desiderio di questi signori d’Aspromonte di celebrare, a proprio modo, la figura di Ruggero II.
Tra la fine del XII secolo e la metà del successivo venne edificato il palacium castri. Si tratta di una grande aula rettangolare molto allungata e collegata direttamente, tramite una corta scaletta, con la cappella palatina. Tale aula, articolata su tre livelli, è contraddistinta dalla presenza al piano nobile, di una serie di monumentali finestre con arco a tutto sesto e doppia ghiera in cotto. Le finestre del livello inferiore, rivolte invece verso l’interno del castello, sono più piccole e strombate.
Alla seconda metà del XIII-XIV secolo sono riferibili la sopraelevazione di molti ambienti castellani, la sistemazione dell’area di accesso al castello e alcune modifiche di carattere più residenziale apportate alla torre-mastio, quali ad esempio la costruzione di un elegante camino tutt’ora ben visibile.
Tra la fine del XIV e il XVIII secolo sono da registrare nuove modifiche nella torre mastio, con la realizzazione di un nuovo solaio e l’apertura di una porta ad un livello inferiore; l’abbandono di molti altri settori del castello, alcuni dei quali utilizzati come immondezzai; il restauro della grande cisterna, evidenziato dalla costruzione di un muro di rinforzo e dalla graffitura sul nuovo strato di intonaco di uno stemma di “ambito” aragonese; la costruzione del grande recinto settentrionale e del sottostante fossato scavato nella roccia. L’intera area venne abbandonata in seguito al disastroso terremoto del 1783 che provocò il crollo di molti edifici ed una profonda spaccatura degli strati geologici.
Il borgo di Amendolea, che occupa un ridotto pianoro posto immediatamente a meridione del castello, è stato invece abbandonato nel 1953 a seguito di un’alluvione e si conserva oggi allo stato di rudere. Nonostante ciò spiccano tra le case i muri perimetrali della chiesa protopapale, che sino al 1965 era ancora agibile e coperta. Malgrado le passate trasformazioni e l’attuale stato di degrado, il borgo conserva ancora, nell’impianto urbanistico, evidenti segni della fase medievale. Sono infatti ben visibili ampie porzioni del recinto murario di età angioina, soprattutto nella parte sud-orientale dell’abitato.
La chiesa protopapale dell’Assunta, collocata su di un pianoro che domina la vallata dell’Amendolea, è ricordata per la prima volta nel 1310, anno in cui viene ricordato il versamento delle decime da parte del prete Pietro.
La planimetria rimanda ad una tradizione tipicamente bizantina, evidenziata dal rapporto tra larghezza e lunghezza (1:2), dal perfetto orientamento, dalla presenza ai lati dell’abside delle due nicchie, e dall’ingresso principale posto a mezzogiorno, ma la chiesa, così come oggi si presenta, è il frutto di due importanti interventi edilizi: uno riferibile alle fasi immediatamente successive al terremoto del 1783 e l’altro al 1920-30.
Recenti scavi archeologici hanno permesso di portare alla luce l’intera navata, il fonte battesimale e l’altare e di individuare la pavimentazione in piastrelle realizzata, nella prima metà degli anni ’50, in concomitanza con la riduzione della navata e con la realizzazione della nuova sacrestia e di un piccolo campanile.
All’esterno del castello si trovano tre piccole chiese conservate allo stato di rudere: S. Caterina (XIII sec.), S. Sebastiano (XV sec.) e S. Nicola (XI sec.). In quest’ultimo edificio si conservano importanti testimonianze pittoriche di tradizione bizantina (sec. XII).
Amendolea è un luogo di grande fascino: per la presenza del borgo e del castello, per lo straordinario spettacolo offerto dalla fiumara, per le tradizioni che ancora si riescono, sebbene a fatica, conservare e tramandare. Rispettarlo dovrà essere dovere di tutti.
Testo di Francesco A. Cuteri
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Prezzi ed orari
Come raggiungere
Perrcorrere la SS 106 Jonica fino a raggiunge il bivio San Carlo di Condofuri .
Da qui si imboccare la strada provinciale che collega Condofuri Marina a Condofuri Superiore.
Dopo aver percorso circa 6,3 km, in gran parte costeggiando il versante destro della fiumara. Una volta raggiunto , imboccare a destra e attraversare il ponte sull’amendolea e da qui raggiungere l’omonima frazione.ormai ridotta a poche unità abitative.Dalla frazione dell’Amendolea , percorrendo una strada carrabile di modeste dimensioni si raggiunge il vecchio centro abitato e qui si può ammirare ciò che rimane del castello oltre agli altri ruderi.
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