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Descrizione
Il Castello Castiglione è ubicato alla sommità del paese e crea un unico blocco con la chiesa parrocchiale. L’edificio, che si sviluppa planimetricamente secondo un rettangolo irregolare con i lati corti rivolti a Nord-Ovest e Sud-Est e quelli lunghi a Sud-Est e Sud-Ovest, copre un intero isolato. In ogni lato si sviluppa un corpo di fabbrica di spessore pressoché costante così da circoscrivere un cortile scoperto rettangolare che dà accesso sia ai locali a livello del cortile che ai piani superiori.
La muratura del Castello Castiglione è prevalentemente in laterizio, eseguita con la tradizionale tecnica a secco. L’edificio è a più livelli: piano a livello stradale dove si trovano alcuni ambienti parzialmente interrati dal terrapieno stradale – piano sopraelevato rispetto al livello stradale – primo e secondo piano costituenti la zona residenziale. Sul lato della piazza, sotto ai fondaci a sinistra entrando dal portone, c’è un dislivello col piano stradale superiore a tre metri. Sono stati condotti degli scavi nel 1987 ad opera del Comune per scoprire eventuali piani inferiori. Effettivamente risultano dei vuoti, in parte riempiti da terriccio e pietrame, antichi silos per derrate.
Nei sotterranei di destra esistono cinque pozzi rivestiti in muratura, adibiti in passato a depositi di olio, grano e derrate varie, dati i frequenti assedi, carestie e periodi di isolamento. Anche la cisterna di raccolta delle acque piovane era indispensabile per i suddetti motivi. Anche sotto il cortile esistono locali riempiti di terra e rottami. Nel fondaco grande è stata trovata una gradinata che porta sotto il pavimento: non si è potuto procedere allo scavo per pericolo di frane (i vecchi del paese hanno sempre parlato di una galleria sotterranea che dal Castello attraversa la Piazza e termina nella campagna circostante).
Il portale d’ingresso immette in un androne a volta ai lati del quale si aprono i locali adibiti una volta a cantine, stalle e alloggi della servitù e del corpo di guardia. Vi è una grande mangiatoia ben conservata e il locale del corpo di guardia dei “Bravi” con all’esterno una panca di pietra, impiegata non solo per il riposo e la sosta in servizio ma anche per facilitare il salire e scendere da cavallo. Le scalinate interne rientrano nella comune tipologia medievale, strette e con piccole feritoie tipiche dell’epoca.
Dall’androne si passa nel cortile scoperto caratterizzato dal disegno della pavimentazione, formata da cinque cerchi concentrici posti a distanza regolare e collegati tra loro da due diametri corrispondenti alla circonferenza maggiore e da una serie di raggi incompleti posti a distanza regolare in modo da formare degli spicchi di uguale dimensione. Le circonferenze e i raggi sono realizzati in mattoni posti in opera a coltello mentre gli spicchi sono riempiti di ciottoli e terra: tale procedura la ritroviamo anche nel cortile coperto e nell’ingresso, con l’unica differenza che il disegno geometrico è caratterizzato da una maglia modulare rettangolare.
Al primo piano, la cosiddetta Galleria, rimangono una cappella e un grande salone; sulla sommità un grosso terrazzo che si immette sull’ingresso. La cappella è un ambiente rettangolare, stretto e lungo, addossato alla Chiesa Madre, con piccole nicchie nel muro e tre grate di ferro dalle quali si poteva assistere ai riti religios.
La storia vuole che il castello di Elice abbia 99 stanze, numero molto ricorrente per l’Abruzzo in genere (si ricordi le 99 chiese dell’Aquila e la 99 cannelle), molte delle quali in perfetto stato di conservazione. Sotto la gradinata che porta al terrazzo superiore c’è un locale a cui si accede aprendo una grossa botola (pare servisse da nascondiglio o prigione per i briganti), mentre nei locali a destra del portone d’ingresso, dopo vari ambienti comunicanti, c’è un “trabocchetto”, attualmente riempito di terra, dove con molta probabilità finivano gli ospiti indesiderati.
Ben poco è rimasto intatto dell’antico castello, se si escludono il bel torrione sulla piazza, la facciata Nord-Ovest, l’ingresso con il cortile e l’imponente struttura muraria che alla base raggiunge lo spessore di oltre un metro e mezzo. Fino a pochi anni fa il castello era aperto al pubblico e alcune stanze venivano utilizzate per la sagra della mugnaia. Purtroppo anche Elice ha riportato danni in seguito al terremoto de L’Aquila del 6/04/2009, con la conseguenza che l’edificio è stato chiuso in quanto inagibile.
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Storia
Elice è attestata nelle fonti sin dal secolo XI. Nel 1051 il Monastero Benedettino di S. Maria di Picciano aveva, per donazione di Bernardo di Penne, una cella detta di S. Martino nel castello dell’Ilice soggetto.
Il 10 luglio 1084, nel Castello di Loreto, il conte Guglielmo Tassone donò il Castello di Elice, con uomini, terreni, edifici e pertinenze, all’abbazia di S. Giovanni in Venere. Il Castello, che nel 1168 aveva 264 abitanti, quale possesso dell’abbazia di S. Giovanni, era tenuto dal milite Guillelmo di Camarda; venne confermato il 16 giugno 1176 dal papa e il 1° marzo 1195 dall’imperatore Enrico VI. Nel 1279 era feudatario di Elice Govitosa di Raiano, che potrebbe essere un erede di Bernardo.
Nel 1284 erano signori del Castello Bertoldo e Pietro Stefano di Roma che, in tale anno, concessero all’Università di Elice di tenere il mercato tutti i lunedì purché non fosse di pregiudizio ai vicini e di dispendio allo stato. Nel marzo del 1292 gli atriani, con milizie francesi condotte da Matteo di Plexiac, assalirono contemporaneamente Elice e Cellino.
Nel 1316 Elice era posseduta da Ingardo di Rillana che aveva anche la terza parte di Cellino. Nel 1388 era feudo di Antonio Brunforte che l’aveva ricevuto con l’assenso di Carlo III di Durazzo. A Penne pervenne per acquisto fatto dalla Città nel 1417 o 1418. Finita nelle mani di Giosia d’Acquaviva, il 31 ottobre 1438 la regina Giovanna II ordinò che fosse restituita alla Città di Penne che l’aveva acquistata da Petruzio de Rigerano. Nel 1461 il re Ferrante I d’Aragona concesse ai fratelli Baldassarre, Melchiorre, Gaspare ed Agamennone Castiglione, e ai loro eredi e successori, in perpetuum, il mero e misto impero e giurisdizione criminale nei loro feudi di Elice, Vestea e Castiglione. I Castiglione tennero in feudo Elice sino al 1806, quando furono emanate le leggi eversive della feudalità. Successivamente appartenne agli Impacciatore, famiglia di commercianti che avevano insediato ad Elice una fiorente fabbrica di ceramica, e ai Baroni famiglia di medici operanti fino al secondo dopoguerra. Pietro Baroni, che fu sindaco di Elice sino al 1893, anno della sua morte, impiantò nei locali del castello una fabbrica di terrecotte e di ceramiche.
Indirizzo:
Facilities
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